Un popolo in cammino in questa Chiesa particolare
10:21 AM
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Un popolo in cammino in questa Chiesa particolare
Questo popolo di Dio, che si mostra nel volto concreto di una Chiesa particolare, è chiamato oggi a vivere una conversione pastorale. È un richiamo che papa Francesco ha fatto a tutti nella esortazione apostolica Evangelii Gaudium, perché ciascuno è chiamato a essere soggetto missionario, autentico portatore del Vangelo.
“Ogni Chiesa particolare, porzione della Chiesa cattolica sotto la guida del suo vescovo, è anch’essa chiamata alla conversione missionaria. Essa è il soggetto dell’evangelizzazione, in quanto è la manifestazione concreta dell’unica Chiesa in un luogo del mondo” (EG 30).
Persone, comunità, strutture: tutto è chiamato nella Chiesa a una conversione pastorale e missionaria:
“Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale più che per l’autopreservazione. La riforma delle strutture, che esige la conversione pastorale, si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di “uscita” e favorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia” (EG 27).
La nostra Chiesa ambrosiana sotto la guida dei suoi pastori ha intrapreso da tempo il cammino della conversione pastorale alla quale il Papa invita tutti. Con l’arcivescovo Angelo abbiamo camminato in questi anni dando una centralità particolare ai cardini dell’esistenza quotidiana che è fatta di affetti, lavoro e riposo, mostrando in tal modo quanto il Vangelo di Cristo sia l’Evangelo dell’umano, buona notizia per l’uomo e la donna del nostro tempo, come risposta di senso – significato e direzione – per la vita buona di tutti.
Questa prospettiva antropologica con la quale accogliere il Vangelo ci muove, ci fa “uscire”, ci rende autenticamente attenti agli altri nell’oggi, se la viviamo con gli occhi puntati sull’essenziale. Gesù si presenta a noi come il compimento dell’umano (GS 22) e perciò fonte di nuovo umanesimo.
“Possiamo parlare di umanesimo solamente a partire dalla centralità di Gesù, scoprendo in Lui i tratti del volto autentico dell’uomo. È la contemplazione del volto di Gesù morto e risorto che ricompone la nostra umanità, anche di quella frammentata per le fatiche della vita, o segnata dal peccato. Non dobbiamo addomesticare la potenza del volto di Cristo. Il volto è l’immagine della sua trascendenza. È il Misericordiae Vultus. Lasciamoci guardare da Lui. Gesù è il nostro umanesimo” (papa Francesco, Firenze 2015).
Puntare all’essenziale, vuol dire dunque, guardare a Cristo, vivere e proporre a tutti l’incontro con lui, imparando il suo modo di vedere la vita, educandoci ad avere in noi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù (Fil 2,5), il suo “pensiero” (1Cor 2,16), rinnovando così la nostra mentalità (Rom 12, 1-2):
“Non mi stancherò di ripetere quelle parole di Benedetto XVI che ci conducono al centro del Vangelo: «All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva»” (EG 7).
“Gesù diventa il centro affettivo della persona. L’incontro con Gesù per il credente è la sorgente di un nuovo modo di pensare gli affetti, il lavoro, il riposo, la festa, l’educazione, il dolore, la vita e la morte, il male e la giustizia. Egli trova in Cristo il criterio per valutare ogni cosa approfondendo l’unità della propria persona” (A. Scola, Educarsi al pensiero di Cristo, 2015).
Sentiamo fortemente il richiamo di papa Francesco ad avere in noi i tratti di quel nuovo umanesimo che emergono dal Vangelo delle beatitudini (Mt 5, 3-10) e del giudizio universale (Mt 25): essere popolo che vive l’umiltà, il disinteresse, la beatitudine, impegnato nelle opere di misericordia a portare a tutti consolazione e pace fino alle periferie geografiche ed esistenziali (papa Francesco, Firenze 2015).
Puntiamo all’essenziale rimettendo al centro i pilastri fondamentali della vita cristiana, come vediamo nel racconto degli Atti degli Apostoli (2, 42-47), perseverando nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione e condivisione fraterna, nello spezzare il pane e nelle preghiere, nella costante tensione missionaria.
Il “campo” del cammino personale e comunitario nel quale incontrare tutti, senza aspettare che vengano a cercarci, “è il mondo”, come spesso l’arcivescovo ci ha ricordato in questi anni, a partire dalla sua lettera pastorale del 2013, da cui traiamo un passaggio significativo che lo esplicita.
“Il mondo che Gesù chiama “il campo” chiede di essere pensato come il luogo in cui ogni uomo e ogni donna possono rispondere al loro desiderio di felicità. Sono consapevole che nello stesso Vangelo di Giovanni la parola “mondo” è usata anche in senso negativo, come l’ambito dell’estraneità o della vera e propria ostilità a Cristo. Eppure anche per questo mondo Gesù è morto e risorto” (A. Scola, Il campo è il mondo, 2013).
“Ogni Chiesa particolare, porzione della Chiesa cattolica sotto la guida del suo vescovo, è anch’essa chiamata alla conversione missionaria. Essa è il soggetto dell’evangelizzazione, in quanto è la manifestazione concreta dell’unica Chiesa in un luogo del mondo” (EG 30).
Persone, comunità, strutture: tutto è chiamato nella Chiesa a una conversione pastorale e missionaria:
“Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale più che per l’autopreservazione. La riforma delle strutture, che esige la conversione pastorale, si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di “uscita” e favorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia” (EG 27).
La nostra Chiesa ambrosiana sotto la guida dei suoi pastori ha intrapreso da tempo il cammino della conversione pastorale alla quale il Papa invita tutti. Con l’arcivescovo Angelo abbiamo camminato in questi anni dando una centralità particolare ai cardini dell’esistenza quotidiana che è fatta di affetti, lavoro e riposo, mostrando in tal modo quanto il Vangelo di Cristo sia l’Evangelo dell’umano, buona notizia per l’uomo e la donna del nostro tempo, come risposta di senso – significato e direzione – per la vita buona di tutti.
Questa prospettiva antropologica con la quale accogliere il Vangelo ci muove, ci fa “uscire”, ci rende autenticamente attenti agli altri nell’oggi, se la viviamo con gli occhi puntati sull’essenziale. Gesù si presenta a noi come il compimento dell’umano (GS 22) e perciò fonte di nuovo umanesimo.
“Possiamo parlare di umanesimo solamente a partire dalla centralità di Gesù, scoprendo in Lui i tratti del volto autentico dell’uomo. È la contemplazione del volto di Gesù morto e risorto che ricompone la nostra umanità, anche di quella frammentata per le fatiche della vita, o segnata dal peccato. Non dobbiamo addomesticare la potenza del volto di Cristo. Il volto è l’immagine della sua trascendenza. È il Misericordiae Vultus. Lasciamoci guardare da Lui. Gesù è il nostro umanesimo” (papa Francesco, Firenze 2015).
Puntare all’essenziale, vuol dire dunque, guardare a Cristo, vivere e proporre a tutti l’incontro con lui, imparando il suo modo di vedere la vita, educandoci ad avere in noi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù (Fil 2,5), il suo “pensiero” (1Cor 2,16), rinnovando così la nostra mentalità (Rom 12, 1-2):
“Non mi stancherò di ripetere quelle parole di Benedetto XVI che ci conducono al centro del Vangelo: «All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva»” (EG 7).
“Gesù diventa il centro affettivo della persona. L’incontro con Gesù per il credente è la sorgente di un nuovo modo di pensare gli affetti, il lavoro, il riposo, la festa, l’educazione, il dolore, la vita e la morte, il male e la giustizia. Egli trova in Cristo il criterio per valutare ogni cosa approfondendo l’unità della propria persona” (A. Scola, Educarsi al pensiero di Cristo, 2015).
Sentiamo fortemente il richiamo di papa Francesco ad avere in noi i tratti di quel nuovo umanesimo che emergono dal Vangelo delle beatitudini (Mt 5, 3-10) e del giudizio universale (Mt 25): essere popolo che vive l’umiltà, il disinteresse, la beatitudine, impegnato nelle opere di misericordia a portare a tutti consolazione e pace fino alle periferie geografiche ed esistenziali (papa Francesco, Firenze 2015).
Puntiamo all’essenziale rimettendo al centro i pilastri fondamentali della vita cristiana, come vediamo nel racconto degli Atti degli Apostoli (2, 42-47), perseverando nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione e condivisione fraterna, nello spezzare il pane e nelle preghiere, nella costante tensione missionaria.
Il “campo” del cammino personale e comunitario nel quale incontrare tutti, senza aspettare che vengano a cercarci, “è il mondo”, come spesso l’arcivescovo ci ha ricordato in questi anni, a partire dalla sua lettera pastorale del 2013, da cui traiamo un passaggio significativo che lo esplicita.
“Il mondo che Gesù chiama “il campo” chiede di essere pensato come il luogo in cui ogni uomo e ogni donna possono rispondere al loro desiderio di felicità. Sono consapevole che nello stesso Vangelo di Giovanni la parola “mondo” è usata anche in senso negativo, come l’ambito dell’estraneità o della vera e propria ostilità a Cristo. Eppure anche per questo mondo Gesù è morto e risorto” (A. Scola, Il campo è il mondo, 2013).