IL RUOLO DELLA SCUOLA E DELLA FAMIGLIA ALLA LUCE DELLE “LINEE GUIDA PER L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA DEGLI ALUNNI CON DISABILITÀ”
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IL RUOLO DELLA SCUOLA E DELLA FAMIGLIA ALLA LUCE DELLE “LINEE GUIDA PER L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA DEGLI ALUNNI CON DISABILITÀ”
Concetta Rauso
[abstract] Una analisi puntuale delle recenti linee guida pubblicate dal Ministero dell’Istruzione mette in luce l’importanza del contesto nell’integrazione dello studente disabile [fine abstract]
Premessa
Le linee guida, nate da un confronto tra dirigenti ed esperti del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, con la partecipazione delle associazioni dei disabili, raccolgono varie direttive al fine di migliorare il processo di integrazione degli alunni con disabilità nel rispetto dell’autonomia scolastica e della legislazione vigente.
Esse, sulla base di criticità emerse nella pratica quotidiana del fare scuola, forniscono possibili soluzioni per orientare, nell’ambito delle rispettive competenze, gli Uffici Scolastici Regionali, i Dirigenti scolastici e gli Organi collegiali.
L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità è un processo irreversibile connotato da valenza pedagogica, culturale e sociale.
L’apertura delle classi normali ai disabili infatti ha alla base un’alta concezione dell’istruzione e della persona che può crescere e formarsi solo in interazione dinamica con gli altri.
La scuola, comunità educante, ha il compito di accogliere ogni alunno, programmare la costruzione di situazioni relazionali, pedagogiche – educative idonee a permetterne il massimo sviluppo.
La norma costituzionale del diritto allo studio, interpretata alla luce della legge 59/97 e del D.P.R. 275/99, è da intendersi come tutela soggettiva affinché le istituzioni scolastiche, nella loro autonomia funzionale ed organizzativa, predispongano le iniziative e realizzino le attività utili al raggiungimento del successo formativo di tutti gli alunni.
Le linee guida realizzano una panoramica sui principi generali concernenti l’integrazione scolastica individuabili nell’ordinamento italiano ed internazionale in modo da ricapitolare un percorso legislativo in materia, all’atto in cui l’Italia con la legge 18/2009 ha ratificato la Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità; quest’ultimo documento impegna gli stati firmatari a realizzare forme di integrazione scolastica in classi comuni, prassi già realizzata nel sistema scolastico italiano.
La Convenzione Onu condivide la concezione del “modello sociale della disabilità” secondo cui la disabilità è dovuta all’interazione tra il deficit di funzionamento dell’individuo e il contesto sociale, culturale e personale in cui esso vive.
Successivamente il documento in esame entra nel vivo delle problematiche scolastiche riconoscendo la responsabilità educativa di tutto il personale della scuola, nonché la necessità di una corretta e puntuale progettazione individualizzata per l’alunno con disabilità, in accordo con gli Enti locali, l’Asl e le famiglie.
Il contesto come risorsa
Il diritto allo studio è un diritto costituzionalmente garantito: la scuola è aperta a tutti e tutti i cittadini hanno pari dignità sociale senza alcuna forma di distinzione legata al sesso, lingua, razza, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali.
La Repubblica ha il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano la libertà e l’uguaglianza ed impediscono l’effettiva uguaglianza, nonché il pieno sviluppo della persona e l’effettiva partecipazione all’organizzazione politica ed economica del Paese.
Il costituente con l’art. 34 e 3 della Cost., garantendo a tutti i cittadini le medesime opportunità, ha riconosciuto agli stessi la cosiddetta uguaglianza formale e sostanziale.
Il diritto allo studio degli alunni con disabilità inizialmente, alla luce anche del disposto dell’art. 38, fu garantito nelle scuole speciali o classi differenziali.
Successivamente divennero chiare le implicazioni negative di tale scelta in termini di alienazione ed emarginazione sociale e quindi fu emanata la legge 118/71.
Tale norma supera senza abolire le scuole speciali e prescrive, su iniziativa della famiglia, l’inserimento degli alunni con disabilità nelle classi comuni disponendo il trasporto, il superamento delle barriere architettoniche, l’assistenza durante l’orario scolastico degli alunni più gravi.
In effetti si garantisce solo quello che è stato definito un inserimento in presenza ovverosia un’uguaglianza formale.
Si avvia la costruzione dell’uguaglianza sostanziale con la legge 517/77: norma in cui con chiarezza si stabiliscono i presupposti, le condizioni, gli strumenti e le finalità per l’integrazione scolastica degli alunni portatori di handicap.
Si introduce la figura dell’insegnante specializzato per le attività di sostegno e si afferma che il progetto di integrazione richiede e presuppone, ai fini della corretta realizzazione dello stesso, la presa in carico da parte dell’intero Consiglio di classe.
La sentenza della Corte costituzionale 215/87, oggetto della C.M. n. 262/88, considerata la “magna Charta” dell’integrazione scolastica, orienta tutta la successiva normativa in materia.
I diritti sanciti dalle disposizioni normative successive sono racchiusi ed espressi dalla legge 104/92, legge quadro in materia di integrazione scolastica e sociale della persona con disabilità.
La legge quadro prevede un atteggiamento di “cura educativa” nei confronti degli alunni con disabilità che si realizza in un percorso formativo individualizzato alla cui condivisione e individualizzazione partecipano più soggetti istituzionali.
Il Profilo Dinamico Funzionale e il Piano Educativo Individualizzato (P.E.I.), realizzati attraverso il coinvolgimento dell’amministrazione scolastica, degli organi pubblici sanitari e sociali nonché della famiglia, sono i documenti cardini per l’esercizio del diritto all’istruzione e all’educazione del soggetto disabile.
Da ciò l’importanza della verifica periodica degli stessi in modo che risultino sempre adeguati ai bisogni effettivi dell’alunno.
Sulla base del P.E.I., l’A.S.L. realizza il progetto riabilitativo ai sensi della legge 833/78; l’Ente locale il progetto di socializzazione ex l. 328/00; l’Istituzione scolastica il Piano degli Studi Individualizzato (D.M. 141/99 come modificato dal D.P.R. 81/2009).
Successivamente alla legge quadro è emanato il D.P.R. 24 febbraio 1994, atto di indirizzo che individua i soggetti istituzionali e le specifiche competenze in materia di Diagnosi Funzionale, Profilo Dinamico Funzionale, Piano Educativo Individualizzato; quest’ultimo è un documento conclusivo ed operativo in cui “vengono descritti gli interventi integrati ed equilibrati tra di loro, predisposti per l’alunno in condizioni di handicap, in un determinato periodo di tempo, ai fini della realizzazione del diritto all’educazione e all’istruzione” come integrato e modificato dal D.P.C.M. n.185/2006.
Il Regolamento dell’autonomia D.P.R. 275/99 e la legge di riforma 53/03 fanno espresso riferimento all’integrazione scolastica.
La legge n. 296/06, garantisce il rispetto delle “effettive esigenze” degli alunni con disabilità, sulla base di accordi interistituzionali.
La Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità, è un documento che vincola i Paesi firmatari, tra cui l’Italia, a garantire livelli di tutela dei diritti delle persone con disabilità non inferiori a quelli indicati dalla stessa.
Il tema della disabilità è stato oggetto di attenzione di vari documenti internazionali volti alla tutela dei diritti umani, sociali e civili di tutti gli individui a partire dall’infanzia quali:
• la Dichiarazione dei diritti del bambino dell’ONU varata nel 1959;
• la Dichiarazione dei diritti della persona con ritardo mentale dell’ONU pubblicata nel 1971;
• la Conferenza mondiale sui diritti umani dell’ONU, in cui si precisa che “tutti i diritti umani e le libertà fondamentali sono universali ed includono senza riserve le persone disabili”;
• le Regole standard per il raggiungimento delle pari opportunità per i disabili, adottate dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1993 in cui si ricorda come “l’ignoranza, la negligenza, la superstizione e la paura sono fattori sociali che attraversano tutta la storia della disabilità, isolando questi soggetti e ritardando anche la loro evoluzione”.
La caratteristica peculiare della Convenzione è rappresentata dal “modello sociale della disabilità”.
La condizione della disabilità è in correlazione con l’ambiente culturale e sociale; quest’ultimo costituisce un fattore determinante circa l’esperienza che il soggetto disabile fa della propria condizione di salute. Il contesto (ambienti, procedure, strumenti educativi ed ausili) deve essere accomodato in modo ragionevole ossia adattato ai bisogni specifici della persona con disabilità; deve essere ricco di opportunità, per costituire una risorsa potenziale al raggiungimento di buoni livelli di realizzazione e autonomia difficilmente raggiungibili in condizioni contestuali meno favorite, garantendo in tal modo il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e le libertà fondamentali.
In materia di educazione la convenzione riconosce il diritto all’istruzione per tutti, in un sistema di istruzione inclusivo a tutti i livelli di apprendimento, continuo lungo tutto l’arco della vita e finalizzato a sviluppare pienamente il potenziale umano, sotto il profilo delle abilità psicofisiche, mentali sociali e relazionali in modo da porre le persone portatrici di handicap nella condizione di partecipare effettivamente ad una società libera.
Nel 2001 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.), considerando la persona da un punto di vista globale e non solo “sanitario” recepisce il modello sociale della disabilità, ed approva la nuova Classificazione Internazionale del Funzionamento (I.C.F.) della disabilità e della salute.
Nella prospettiva dell’ICF, la partecipazione alle attività sociali di una persona con disabilità è determinata dall’interazione della sua condizione di salute (a livello di strutture e di funzioni corporee) con le condizioni ambientali, culturali, sociali e personali (definite fattori contestuali) in cui essa vive.
In questo modello il contesto assume valore prioritario i cui molteplici elementi possono essere qualificati come barriera qualora ostacolino l’attività e la partecipazione della persona, facilitatori in caso contrario.
La dimensione inclusiva della scuola
Con la legge 59/97, le istituzioni scolastiche hanno acquisito personalità giuridica, autonomia organizzativa e didattica, esercitabile nei limiti della legge e nel rispetto dei principi di logicità e congruità in modo da evitare atti caratterizzati da disparità di trattamento quale potrebbe essere, in primo luogo, la mancata partecipazione di tutte le componenti scolastiche al processo di integrazione finalizzato alla costruzione di un progetto di vita che consente all’alunno disabile di “avere un futuro”.
Il processo integrativo, definito all’interno di Gruppi di lavoro la cui costituzione in ogni istituzione scolastica è obbligatoria, ha come obiettivo fondamentale lo sviluppo delle competenze dell’alunno negli apprendimenti, nella comunicazione, nella relazione e socializzazione; tale processo richiede la collaborazione e il coordinamento di tutte le componenti in questione oltre l’esistenza di una pianificazione puntuale e logica degli interventi educativi, formativi, riabilitativi come previsto dal (P.E.I.).
Il Dirigente scolastico è il garante del Piano dell’Offerta Formativa (P.O.F.) progettata e realizzata dall’istituzione scolastica per la generalità degli utenti.
La presenza di alunni disabili costituisce un evento che richiede una riorganizzazione del sistema ma rappresenta anche un’occasione di crescita per tutti.
L’integrazione/inclusione scolastica è un valore fondativo, un assunto culturale che richiede una incisiva leadership gestionale e relazionale; tale capacità si manifesta attraverso la promozione e la cura di iniziative da attuarsi di concerto con le varie componenti scolastiche come corsi di formazione, programmi di miglioramento del servizio scolastico per gli alunni con disabilità, progetti, iniziative capaci di coinvolgere i genitori e le varie forze locali, la costituzione di rete di scuole per obiettivi concernenti l’inclusione e partecipazione agli incontri di G.L.H.O., l’istituzione del Gruppo di Lavoro dell’Handicap (G.L.H.) di istituto, la continuità educativo-didattica, la partecipazione alla stipula di Accordi di Programma a livello dei piani di zona, di cui alla legge 328/00, direttamente o tramite reti di scuole.
L’autonomia funzionale delle istituzioni scolastiche richiede un buon livello organizzativo, punti fermi costituiti da principi di legge intorno cui sviluppare la progettualità educativa finalizzata al successo formativo di tutti gli alunni.
Il Collegio dei docenti e il Consiglio d’istituto elaborano il P.O.F. che si qualifica inclusivo quando prevede la realizzazione di azioni, progetti, possibilità esperenziali idonee a fornire risposte precise ad esigenze educative individuali.
Il Dirigente scolastico ha il compito di rendere operative le indicazioni del P.O.F. in via diretta o affidandole ad una figura professionale di riferimento qual è la funzione strumentale.
La progettazione educativa per gli alunni con disabilità deve essere costruita tenendo presente quanto disposto dalla legge 104/92 in materia di integrazione scolastica il cui obiettivo è lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell’apprendimento, comunicazione, relazione e socializzazione: finalità non impedita da difficoltà di apprendimento, né da altre problematicità connesse all’handicap.
Sono quindi contrari al dettato normativo della legge 104/92, la costituzione di laboratori che accolgono più alunni con disabilità per quote orario anche minime o per prolungati e reiterati periodi dell’anno scolastico.
Talvolta a torto, soprattutto dinanzi a particolari casi di handicap, il ruolo formativo della scuola si ritiene esaurito nella socializzazione; quest’ultima è uno strumento di crescita da integrare necessariamente ed in modo equilibrato con il miglioramento degli apprendimenti, effettuato mediante pratiche didattiche individualizzate o di gruppo progettate individualmente sulla base delle esigenze del soggetto e realizzate, preferibilmente, nell’ambito della classe e nel contesto del programma in essa esplicato.
Si è integrati/inclusi in un contesto scolastico quando si effettuano esperienze, si attivano apprendimenti insieme agli altri, si condividono strategie di lavoro scaturite dalla programmazione congiunta di tutti i docenti curricolari i quali insieme all’insegnante di sostegno definiscono gli obiettivi di apprendimento per gli alunni con disabilità in correlazione con quelli previsti per l’intera classe.
La cooperazione e la corresponsabilità del team dei docenti sono essenziali per le finalità previste dalla legge quadro sulla disabilità.
È compito del dirigente scolastico e degli Organi collegiali competenti attivare le necessarie iniziative per rendere effettiva la cooperazione e la corresponsabilità così come esplicitata nel P.O.F..
La documentazione relativa al P.E.I. deve essere disponibile alla famiglia in modo da consentire alla stessa la conoscenza del percorso educativo e formativo concordato e pianificato.
Il fascicolo individuale dell’alunno con disabilità, il cui fine è di documentare il percorso formativo compiuto nell’iter scolastico, riveste una notevole importanza soprattutto nel momento del passaggio fra un grado e l’altro di istruzione.
Nel passaggio dal I al II ciclo di istruzione è indispensabile che i Dirigenti scolastici coinvolti prevedano forme di consultazione obbligatorie fra gli insegnanti della classe frequentata dall’alunno con disabilità e le figure di riferimento per l’integrazione delle scuole coinvolte, in modo da consentire continuità operativa e la migliore applicazione delle esperienze già maturate nella relazione educativo-didattica e nelle prassi di integrazione con l’alunno disabile.
Si possono inoltre avviare progetti sperimentali che, sulla base di accordi fra le istituzioni scolastiche e nel rispetto della normativa vigente anche contrattuale, consentano al docente del grado scolastico già frequentato di partecipare alle fasi di accoglienza e di inserimento nel grado successivo.
È importante la consegna della documentazione completa e sufficientemente articolata per consentire all’istituzione scolastica che accoglie l’alunno disabile di progettare adeguatamente i propri interventi.
C’è da chiedersi se il diritto allo studio, inteso come diritto al successo formativo di tutti gli alunni alla luce della legge 59/97, si realizzi, nel rispetto delle deroghe normativamente previste, attraverso la permanenza nel sistema di istruzione fino all’età di 21 anni, o attraverso rallentamenti eccessivi in determinati gradi di istruzione.
In effetti il sistema di istruzione risponde ai bisogni educativi e formativi dei giovani cittadini, rendendo indispensabile il passaggio della presa in carico ad altri soggetti pubblici realizzando il puntuale passaggio al mondo del lavoro e all’attuazione del progetto di vita che, pur essendo parte integrante del P.E.I., riguarda la crescita personale e sociale dell’alunno con disabilità dopo il periodo scolastico e come progettualità futura va condiviso dalla famiglia e dagli altri soggetti coinvolti nel processo di integrazione.
È a tal riguardo indispensabile predisporre piani educativi che prefigurano, all’interno del P.O.F., attraverso anche l’orientamento, le possibili scelte da operare al momento di uscita del ragazzo, in particolare mediante l’attuazione dell’alternanza scuola-lavoro e la partecipazione degli alunni con disabilità nell’ambito del sistema IFTS.
Il Dirigente scolastico predispone adeguate misure organizzative per realizzare forme efficaci di relazioni con i soggetti coinvolti e con quelli deputati al servizio per l’impiego e con le associazioni.
Per rendere più efficace ed efficiente l’intervento dell’istituzione scuola nel processo di crescita e sviluppo dell’alunno disabile; il Dirigente scolastico promuove la costituzione di reti di scuole, per un utilizzo più efficace dei fondi utilizzati, una condivisione di risorse umane, strumentali, buone pratiche, momenti di aggiornamento e la promozione della documentazione; in tal modo si dota il territorio di un punto di riferimento per i rapporti con le famiglie e con l’extrascuola.
La corresponsabilità educativa e formativa dei docenti
Una scuola inclusiva richiede una corresponsabilità educativa diffusa, competenze didattiche adeguate ad impostare una fruttuosa relazione educativa anche con alunni con disabilità.
L’intera comunità scolastica è chiamata ad organizzare i curricoli in funzione dei diversi stili cognitivi, a gestire in modo alternativo le attività d’aula, a favorire e potenziare gli apprendimenti adottando materiali e strategie didattiche in relazione ai bisogni degli alunni.
Conseguentemente il Collegio dei docenti inserisce nel P.O.F. la scelta inclusiva dell’Istituzione scolastica, indicando le prassi didattiche che promuovono effettivamente l’inclusione (gruppi di livello eterogenei, apprendimento cooperativo, ecc.).
I Consigli di classe realizzano il coordinamento delle attività didattiche, la preparazione del materiale e tutto ciò che può consentire all’alunno disabile, sulla base dei suoi bisogni e delle sue necessità, di esercitare il suo diritto allo studio attraverso la partecipazione piena allo svolgimento della vita scolastica nella sua classe.
Tutto ciò richiede il lavoro congiunto su più direzioni.
Gli insegnanti all’interno della classe devono: assumere comportamenti non discriminatori, prestare attenzione ai bisogni di ciascun alunno accettando la diversità presente in ognuno di noi come valore ed arricchimento per l’intera classe, favorire la strutturazione del senso di appartenenza, costruire relazioni socio-affettive positive, adottare strategie e metodologie favorenti l’apprendimento (lavoro di gruppo e/o a coppie, apprendimento cooperativo, tutoring, apprendimento per scoperta, utilizzo di mediatori didattici, attrezzature e ausili informatici, software e sussidi specifici).
L’utilizzo della strumentazione informatica è utile anche per la predisposizione di documenti per lo studio di coloro che usufruiscono - in quanto necessitati - dell’utilizzo di ausili e computer per svolgere le proprie attività di apprendimento.
L’alunno infatti a prescindere dalle sue capacità, potenzialità e limiti va reso protagonista del suo personale processo di apprendimento realizzabile attivando le individuali strategie di approccio al “sapere” nel rispetto dei ritmi e degli stili di apprendimento, facendo eventualmente ricorso alla metodologia dell’apprendimento cooperativo.
La valutazione, intesa come valutazione dei processi e non solo delle performance, è espressa in decimi e va rapportata al P.E.I..
Gli insegnanti di sostegno svolgono una funzione di coordinamento della rete di attività previste per l’effettivo raggiungimento dell’integrazione; sono contitolari sulle classi in cui operano con diritto di voto e dispongono di registri in cui sono annotati i nomi degli alunni delle rispettive classi.
L’intera comunità scolastica deve essere coinvolta nel processo in questione: il docente di sostegno in una logica sistemica, oltre ad intervenire sulla base di una preparazione specifica nelle ore in classe, collabora con l’insegnante curriculare e con il Consiglio di classe in modo che l’iter formativo possa continuare anche in sua assenza.
Personale ata e assistenza di base
La nota del MIUR n. 339 del 30 novembre 2001 individua l’assistenza di base, di competenza della scuola, come il primo segmento della più articolata assistenza all’autonomia e alla comunicazione personale prevista dall’art. 13 della legge 104/92.
La responsabilità di tale assistenza, rientrante nelle funzioni aggiuntive del personale A.T.A., è del Dirigente scolastico il quale nell’ambito degli autonomi poteri di direzione, coordinamento e valorizzazione delle risorse umane, e strumentali, attraverso le procedure previste dalla legge e dalla contrattazione d’Istituto, predispone le condizioni affinché tutti gli alunni, durante la loro esperienza scolastica, dispongano di servizi qualitativamente idonei a soddisfare le proprie esigenze.
La collaborazione con le famiglie
Una serie di adempimenti, quali la formulazione e la verifica del Profilo Dinamico Funzionale (P.D.F.) e del P.E.I. previsti dalla legge 104/92, richiedono la partecipazione delle rispettive famiglie.
Una sempre più ampia partecipazione delle famiglie al sistema di istruzione caratterizza gli orientamenti normativi degli ultimi anni, dall’istituzione del Forum nazionale delle associazioni dei genitori della scuola, previsto dal D.P.R. 576/96 al rilievo posto dalla legge n. 53/2003 circa la collaborazione fra scuola e famiglia.
La famiglia in quanto fonte di informazioni preziose, nonché luogo in cui avviene la continuità fra educazione formale ed informale, costituisce un punto di riferimento essenziale per la corretta inclusione scolastica dell’alunno con disabilità.
È indispensabile che i rapporti fra istituzione scolastica e famiglia si realizzino in una logica di supporto alla stessa in relazione alle attività scolastiche e al processo di sviluppo dell’alunno con disabilità.
Il Dirigente scolastico infatti, nell’ambito di tali rapporti, dovrà convocare le riunioni in cui sono coinvolti i genitori, previo opportuno accordo nella definizione dell’orario.
La documentazione relativa all’alunno con disabilità, utile al generale processo di integrazione nonché di informazione della famiglia deve essere disponibile e consegnata alla stessa all’atto della richiesta.
Poiché va distinta sotto il profilo concettuale e metodologico, la programmazione individualizzata che caratterizza il percorso dell’alunno con disabilità nella scuola dell’obbligo e la programmazione differenziata che, nel secondo ciclo di istruzione può condurre l’alunno al conseguimento dell’attestato di frequenza, è importante l’attività informativa rivolta alla famiglia circa il percorso educativo che consente al proprio caro l’acquisizione dell’attestato di frequenza piuttosto che del diploma di scuola secondaria superiore.
Conclusioni
Come non avvalorare il concetto di contesto come risorsa, di dimensione inclusiva della scuola, di corresponsabilità educativa e formativa del Dirigente scolastico, dei docenti e di tutto il personale scolastico oltre che della necessaria e vitale esigenza di collaborazione con le famiglie.
Come docente operatore della scuola, rappresentante degli insegnanti di sostegno nel seno dell’Unità Territoriale di Coordinamento per il supporto all’integrazione scolastica degli alunni ciechi ed ipovedenti (U.T.C.) della regione Campania, nonché docente corsi di aggiornamento I.RI.FO.R. Campania (Istituto per la Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione) non posso nascondere l’esistenza di realtà molto diversificate per quanto concerne la minorazione visiva, che può essere anche congiunta ad altri handicap, la professionalità e/o responsabilità del mondo scuola nella sua interezza, la predisposizione delle famiglie di credere nell’Istituzione scuola dialogando con la stessa, nonché il ruolo delle Istituzioni varie e degli Enti locali che spesso dimenticano le loro responsabilità costituzionali in materia educativa e formativa.
Come sempre i principi così come le riforme al di là della loro positività si realizzano se non passano solo sopra la testa degli operatori i quali hanno il compito di viverli, comprenderli, sperimentarli professionalmente in via diretta ed immediata.
La Biblioteca Italiana per i Ciechi di Monza e tutte le Istituzioni che a vario titolo operano pro ciechi ed ipovedenti, operano fattivamente nell’opera di sensibilizzazione, aggiornamento e consulenza a vari livelli in modo da consentire ad ogni disabile visivo di essere posto nelle migliori condizioni di esplicarsi dando il meglio di sè.
I ciechi e gli ipovedenti infatti, qualora non portatori di altre disabilità aggiuntive, opportunamente educati e formati fin dalla nascita, con interventi professionali, sociali ed organizzativi qualificati raggiungono buone capacità di maturazione, buoni livelli di inserimento attivo nel mondo scolastico, sociale (culturale, sportivo, ricreativo, lavorativo, civico, etc), concorrendo in tal modo al progresso materiale e spirituale della società, dovere costituzionalmente previsto all’art. 4.
I ciechi per primi, consci delle loro potenzialità e del valore associativo, fin dal 1920, si sono riuniti in associazione fondando l’Unione Italiana Ciechi.
Qualche anno dopo nel 1923 la Riforma Gentile estende l’obbligo scolastico fino a 14 anni anche ai ciechi ed ai sordomuti in assenza di altre disabilità.
L’obbligo istruttivo si realizza nelle scuole speciali che, al di là delle carenze sociali, relazionali e pedagogiche, sono riuscite positivamente, in quanto dotate di strumenti e personale altamente qualificato ed idoneo, a fornire la cosiddetta “normalizzazione”: processo che consente ai non vedenti di esplicare interamente la propria autonomia sotto vari profili.
Il limite di tale forma di educazione, portò all’emanazione della legge 118/71, e della legge 360/1976; quest’ultima disposizione normativa, pur non abolendo le scuole speciali, consentì ai non vedenti, previa scelta delle loro famiglie, di essere inseriti nella scuola comune, inserimento che poi fu garantito a tutti i disabili con la legge 517/77.
Il percorso evolutivo storico dei ciechi ha galoppato nei secoli tanto da allontanare dai nostri pensieri l’immagine di un soggetto degno solo di assistenza, il cui unico compito poteva normalmente essere assolto come impagliatore di sedie nei casi migliori se non come mendicante.
Il successo di varie straordinarie persone non vedenti, prima fra tutti Louis Braille, ideatore del sistema Braille, è sotto gli occhi di tutti.
Alle Istituzioni il compito di non operare tagli indiscriminati.
A noi il dovere della coscienza delle nostre azioni a tutti i livelli per consentire a costoro di essere tra noi e con noi.
Bibliografia
Amorotti, B. (1996). La normativa vigente sull’integrazione degli handicappati nella scuola. Modena: Centro Programmazione Editoriale.
Bizzi, V. [et al.] (1990). L’integrazione scolastica e sociale dei bambini minorati della vista. Torino: Utet.
Inoltre sono state consultate le seguenti disposizioni giudiziari, normative nazionali ed internazionali:
Sentenza Corte costituzionale 215/87
Carta Costituzionale
Riforma Gentile del 1923;
Legge 118/71
Legge 360/1976
Legge 517/77
Legge 833/78
C.M. 262/88
Legge 104/92,
D.P.R. 24 febbraio 1994
D.P.R. 576/96
Legge 59/97
D.P.R. 275/99
D.M. 141/99
Legge 328/00
Legge 53/03
D.P.C.M. 185/2006
Legge . 296/06
Legge 18/2009
D.P.R. 81/2009.
Nota MIUR n. 339 del 30 novembre 2001
Dichiarazione dei diritti del Bambino dell’ONU varata nel 1959
Dichiarazione dei diritti della persona con ritardo mentale dell’ONU pubblicata nel 1971
Conferenza mondiale sui diritti umani dell’ONU giugno 1993
Regole standard per il raggiungimento delle pari opportunità per i disabili, adottate dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1993.
Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità marzo 2007.
Concetta Rauso,
docente di Scuola dell’infanzia
IL RUOLO DELLA SCUOLA E DELLA FAMIGLIA ALLA LUCE DELLE “LINEE GUIDA PER L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA DEGLI ALUNNI CON DISABILITÀ”
Concetta Rauso
[abstract] Una analisi puntuale delle recenti linee guida pubblicate dal Ministero dell’Istruzione mette in luce l’importanza del contesto nell’integrazione dello studente disabile [fine abstract]
Premessa
Le linee guida, nate da un confronto tra dirigenti ed esperti del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, con la partecipazione delle associazioni dei disabili, raccolgono varie direttive al fine di migliorare il processo di integrazione degli alunni con disabilità nel rispetto dell’autonomia scolastica e della legislazione vigente.
Esse, sulla base di criticità emerse nella pratica quotidiana del fare scuola, forniscono possibili soluzioni per orientare, nell’ambito delle rispettive competenze, gli Uffici Scolastici Regionali, i Dirigenti scolastici e gli Organi collegiali.
L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità è un processo irreversibile connotato da valenza pedagogica, culturale e sociale.
L’apertura delle classi normali ai disabili infatti ha alla base un’alta concezione dell’istruzione e della persona che può crescere e formarsi solo in interazione dinamica con gli altri.
La scuola, comunità educante, ha il compito di accogliere ogni alunno, programmare la costruzione di situazioni relazionali, pedagogiche – educative idonee a permetterne il massimo sviluppo.
La norma costituzionale del diritto allo studio, interpretata alla luce della legge 59/97 e del D.P.R. 275/99, è da intendersi come tutela soggettiva affinché le istituzioni scolastiche, nella loro autonomia funzionale ed organizzativa, predispongano le iniziative e realizzino le attività utili al raggiungimento del successo formativo di tutti gli alunni.
Le linee guida realizzano una panoramica sui principi generali concernenti l’integrazione scolastica individuabili nell’ordinamento italiano ed internazionale in modo da ricapitolare un percorso legislativo in materia, all’atto in cui l’Italia con la legge 18/2009 ha ratificato la Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità; quest’ultimo documento impegna gli stati firmatari a realizzare forme di integrazione scolastica in classi comuni, prassi già realizzata nel sistema scolastico italiano.
La Convenzione Onu condivide la concezione del “modello sociale della disabilità” secondo cui la disabilità è dovuta all’interazione tra il deficit di funzionamento dell’individuo e il contesto sociale, culturale e personale in cui esso vive.
Successivamente il documento in esame entra nel vivo delle problematiche scolastiche riconoscendo la responsabilità educativa di tutto il personale della scuola, nonché la necessità di una corretta e puntuale progettazione individualizzata per l’alunno con disabilità, in accordo con gli Enti locali, l’Asl e le famiglie.
Il contesto come risorsa
Il diritto allo studio è un diritto costituzionalmente garantito: la scuola è aperta a tutti e tutti i cittadini hanno pari dignità sociale senza alcuna forma di distinzione legata al sesso, lingua, razza, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali.
La Repubblica ha il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano la libertà e l’uguaglianza ed impediscono l’effettiva uguaglianza, nonché il pieno sviluppo della persona e l’effettiva partecipazione all’organizzazione politica ed economica del Paese.
Il costituente con l’art. 34 e 3 della Cost., garantendo a tutti i cittadini le medesime opportunità, ha riconosciuto agli stessi la cosiddetta uguaglianza formale e sostanziale.
Il diritto allo studio degli alunni con disabilità inizialmente, alla luce anche del disposto dell’art. 38, fu garantito nelle scuole speciali o classi differenziali.
Successivamente divennero chiare le implicazioni negative di tale scelta in termini di alienazione ed emarginazione sociale e quindi fu emanata la legge 118/71.
Tale norma supera senza abolire le scuole speciali e prescrive, su iniziativa della famiglia, l’inserimento degli alunni con disabilità nelle classi comuni disponendo il trasporto, il superamento delle barriere architettoniche, l’assistenza durante l’orario scolastico degli alunni più gravi.
In effetti si garantisce solo quello che è stato definito un inserimento in presenza ovverosia un’uguaglianza formale.
Si avvia la costruzione dell’uguaglianza sostanziale con la legge 517/77: norma in cui con chiarezza si stabiliscono i presupposti, le condizioni, gli strumenti e le finalità per l’integrazione scolastica degli alunni portatori di handicap.
Si introduce la figura dell’insegnante specializzato per le attività di sostegno e si afferma che il progetto di integrazione richiede e presuppone, ai fini della corretta realizzazione dello stesso, la presa in carico da parte dell’intero Consiglio di classe.
La sentenza della Corte costituzionale 215/87, oggetto della C.M. n. 262/88, considerata la “magna Charta” dell’integrazione scolastica, orienta tutta la successiva normativa in materia.
I diritti sanciti dalle disposizioni normative successive sono racchiusi ed espressi dalla legge 104/92, legge quadro in materia di integrazione scolastica e sociale della persona con disabilità.
La legge quadro prevede un atteggiamento di “cura educativa” nei confronti degli alunni con disabilità che si realizza in un percorso formativo individualizzato alla cui condivisione e individualizzazione partecipano più soggetti istituzionali.
Il Profilo Dinamico Funzionale e il Piano Educativo Individualizzato (P.E.I.), realizzati attraverso il coinvolgimento dell’amministrazione scolastica, degli organi pubblici sanitari e sociali nonché della famiglia, sono i documenti cardini per l’esercizio del diritto all’istruzione e all’educazione del soggetto disabile.
Da ciò l’importanza della verifica periodica degli stessi in modo che risultino sempre adeguati ai bisogni effettivi dell’alunno.
Sulla base del P.E.I., l’A.S.L. realizza il progetto riabilitativo ai sensi della legge 833/78; l’Ente locale il progetto di socializzazione ex l. 328/00; l’Istituzione scolastica il Piano degli Studi Individualizzato (D.M. 141/99 come modificato dal D.P.R. 81/2009).
Successivamente alla legge quadro è emanato il D.P.R. 24 febbraio 1994, atto di indirizzo che individua i soggetti istituzionali e le specifiche competenze in materia di Diagnosi Funzionale, Profilo Dinamico Funzionale, Piano Educativo Individualizzato; quest’ultimo è un documento conclusivo ed operativo in cui “vengono descritti gli interventi integrati ed equilibrati tra di loro, predisposti per l’alunno in condizioni di handicap, in un determinato periodo di tempo, ai fini della realizzazione del diritto all’educazione e all’istruzione” come integrato e modificato dal D.P.C.M. n.185/2006.
Il Regolamento dell’autonomia D.P.R. 275/99 e la legge di riforma 53/03 fanno espresso riferimento all’integrazione scolastica.
La legge n. 296/06, garantisce il rispetto delle “effettive esigenze” degli alunni con disabilità, sulla base di accordi interistituzionali.
La Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità, è un documento che vincola i Paesi firmatari, tra cui l’Italia, a garantire livelli di tutela dei diritti delle persone con disabilità non inferiori a quelli indicati dalla stessa.
Il tema della disabilità è stato oggetto di attenzione di vari documenti internazionali volti alla tutela dei diritti umani, sociali e civili di tutti gli individui a partire dall’infanzia quali:
• la Dichiarazione dei diritti del bambino dell’ONU varata nel 1959;
• la Dichiarazione dei diritti della persona con ritardo mentale dell’ONU pubblicata nel 1971;
• la Conferenza mondiale sui diritti umani dell’ONU, in cui si precisa che “tutti i diritti umani e le libertà fondamentali sono universali ed includono senza riserve le persone disabili”;
• le Regole standard per il raggiungimento delle pari opportunità per i disabili, adottate dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1993 in cui si ricorda come “l’ignoranza, la negligenza, la superstizione e la paura sono fattori sociali che attraversano tutta la storia della disabilità, isolando questi soggetti e ritardando anche la loro evoluzione”.
La caratteristica peculiare della Convenzione è rappresentata dal “modello sociale della disabilità”.
La condizione della disabilità è in correlazione con l’ambiente culturale e sociale; quest’ultimo costituisce un fattore determinante circa l’esperienza che il soggetto disabile fa della propria condizione di salute. Il contesto (ambienti, procedure, strumenti educativi ed ausili) deve essere accomodato in modo ragionevole ossia adattato ai bisogni specifici della persona con disabilità; deve essere ricco di opportunità, per costituire una risorsa potenziale al raggiungimento di buoni livelli di realizzazione e autonomia difficilmente raggiungibili in condizioni contestuali meno favorite, garantendo in tal modo il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e le libertà fondamentali.
In materia di educazione la convenzione riconosce il diritto all’istruzione per tutti, in un sistema di istruzione inclusivo a tutti i livelli di apprendimento, continuo lungo tutto l’arco della vita e finalizzato a sviluppare pienamente il potenziale umano, sotto il profilo delle abilità psicofisiche, mentali sociali e relazionali in modo da porre le persone portatrici di handicap nella condizione di partecipare effettivamente ad una società libera.
Nel 2001 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.), considerando la persona da un punto di vista globale e non solo “sanitario” recepisce il modello sociale della disabilità, ed approva la nuova Classificazione Internazionale del Funzionamento (I.C.F.) della disabilità e della salute.
Nella prospettiva dell’ICF, la partecipazione alle attività sociali di una persona con disabilità è determinata dall’interazione della sua condizione di salute (a livello di strutture e di funzioni corporee) con le condizioni ambientali, culturali, sociali e personali (definite fattori contestuali) in cui essa vive.
In questo modello il contesto assume valore prioritario i cui molteplici elementi possono essere qualificati come barriera qualora ostacolino l’attività e la partecipazione della persona, facilitatori in caso contrario.
La dimensione inclusiva della scuola
Con la legge 59/97, le istituzioni scolastiche hanno acquisito personalità giuridica, autonomia organizzativa e didattica, esercitabile nei limiti della legge e nel rispetto dei principi di logicità e congruità in modo da evitare atti caratterizzati da disparità di trattamento quale potrebbe essere, in primo luogo, la mancata partecipazione di tutte le componenti scolastiche al processo di integrazione finalizzato alla costruzione di un progetto di vita che consente all’alunno disabile di “avere un futuro”.
Il processo integrativo, definito all’interno di Gruppi di lavoro la cui costituzione in ogni istituzione scolastica è obbligatoria, ha come obiettivo fondamentale lo sviluppo delle competenze dell’alunno negli apprendimenti, nella comunicazione, nella relazione e socializzazione; tale processo richiede la collaborazione e il coordinamento di tutte le componenti in questione oltre l’esistenza di una pianificazione puntuale e logica degli interventi educativi, formativi, riabilitativi come previsto dal (P.E.I.).
Il Dirigente scolastico è il garante del Piano dell’Offerta Formativa (P.O.F.) progettata e realizzata dall’istituzione scolastica per la generalità degli utenti.
La presenza di alunni disabili costituisce un evento che richiede una riorganizzazione del sistema ma rappresenta anche un’occasione di crescita per tutti.
L’integrazione/inclusione scolastica è un valore fondativo, un assunto culturale che richiede una incisiva leadership gestionale e relazionale; tale capacità si manifesta attraverso la promozione e la cura di iniziative da attuarsi di concerto con le varie componenti scolastiche come corsi di formazione, programmi di miglioramento del servizio scolastico per gli alunni con disabilità, progetti, iniziative capaci di coinvolgere i genitori e le varie forze locali, la costituzione di rete di scuole per obiettivi concernenti l’inclusione e partecipazione agli incontri di G.L.H.O., l’istituzione del Gruppo di Lavoro dell’Handicap (G.L.H.) di istituto, la continuità educativo-didattica, la partecipazione alla stipula di Accordi di Programma a livello dei piani di zona, di cui alla legge 328/00, direttamente o tramite reti di scuole.
L’autonomia funzionale delle istituzioni scolastiche richiede un buon livello organizzativo, punti fermi costituiti da principi di legge intorno cui sviluppare la progettualità educativa finalizzata al successo formativo di tutti gli alunni.
Il Collegio dei docenti e il Consiglio d’istituto elaborano il P.O.F. che si qualifica inclusivo quando prevede la realizzazione di azioni, progetti, possibilità esperenziali idonee a fornire risposte precise ad esigenze educative individuali.
Il Dirigente scolastico ha il compito di rendere operative le indicazioni del P.O.F. in via diretta o affidandole ad una figura professionale di riferimento qual è la funzione strumentale.
La progettazione educativa per gli alunni con disabilità deve essere costruita tenendo presente quanto disposto dalla legge 104/92 in materia di integrazione scolastica il cui obiettivo è lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell’apprendimento, comunicazione, relazione e socializzazione: finalità non impedita da difficoltà di apprendimento, né da altre problematicità connesse all’handicap.
Sono quindi contrari al dettato normativo della legge 104/92, la costituzione di laboratori che accolgono più alunni con disabilità per quote orario anche minime o per prolungati e reiterati periodi dell’anno scolastico.
Talvolta a torto, soprattutto dinanzi a particolari casi di handicap, il ruolo formativo della scuola si ritiene esaurito nella socializzazione; quest’ultima è uno strumento di crescita da integrare necessariamente ed in modo equilibrato con il miglioramento degli apprendimenti, effettuato mediante pratiche didattiche individualizzate o di gruppo progettate individualmente sulla base delle esigenze del soggetto e realizzate, preferibilmente, nell’ambito della classe e nel contesto del programma in essa esplicato.
Si è integrati/inclusi in un contesto scolastico quando si effettuano esperienze, si attivano apprendimenti insieme agli altri, si condividono strategie di lavoro scaturite dalla programmazione congiunta di tutti i docenti curricolari i quali insieme all’insegnante di sostegno definiscono gli obiettivi di apprendimento per gli alunni con disabilità in correlazione con quelli previsti per l’intera classe.
La cooperazione e la corresponsabilità del team dei docenti sono essenziali per le finalità previste dalla legge quadro sulla disabilità.
È compito del dirigente scolastico e degli Organi collegiali competenti attivare le necessarie iniziative per rendere effettiva la cooperazione e la corresponsabilità così come esplicitata nel P.O.F..
La documentazione relativa al P.E.I. deve essere disponibile alla famiglia in modo da consentire alla stessa la conoscenza del percorso educativo e formativo concordato e pianificato.
Il fascicolo individuale dell’alunno con disabilità, il cui fine è di documentare il percorso formativo compiuto nell’iter scolastico, riveste una notevole importanza soprattutto nel momento del passaggio fra un grado e l’altro di istruzione.
Nel passaggio dal I al II ciclo di istruzione è indispensabile che i Dirigenti scolastici coinvolti prevedano forme di consultazione obbligatorie fra gli insegnanti della classe frequentata dall’alunno con disabilità e le figure di riferimento per l’integrazione delle scuole coinvolte, in modo da consentire continuità operativa e la migliore applicazione delle esperienze già maturate nella relazione educativo-didattica e nelle prassi di integrazione con l’alunno disabile.
Si possono inoltre avviare progetti sperimentali che, sulla base di accordi fra le istituzioni scolastiche e nel rispetto della normativa vigente anche contrattuale, consentano al docente del grado scolastico già frequentato di partecipare alle fasi di accoglienza e di inserimento nel grado successivo.
È importante la consegna della documentazione completa e sufficientemente articolata per consentire all’istituzione scolastica che accoglie l’alunno disabile di progettare adeguatamente i propri interventi.
C’è da chiedersi se il diritto allo studio, inteso come diritto al successo formativo di tutti gli alunni alla luce della legge 59/97, si realizzi, nel rispetto delle deroghe normativamente previste, attraverso la permanenza nel sistema di istruzione fino all’età di 21 anni, o attraverso rallentamenti eccessivi in determinati gradi di istruzione.
In effetti il sistema di istruzione risponde ai bisogni educativi e formativi dei giovani cittadini, rendendo indispensabile il passaggio della presa in carico ad altri soggetti pubblici realizzando il puntuale passaggio al mondo del lavoro e all’attuazione del progetto di vita che, pur essendo parte integrante del P.E.I., riguarda la crescita personale e sociale dell’alunno con disabilità dopo il periodo scolastico e come progettualità futura va condiviso dalla famiglia e dagli altri soggetti coinvolti nel processo di integrazione.
È a tal riguardo indispensabile predisporre piani educativi che prefigurano, all’interno del P.O.F., attraverso anche l’orientamento, le possibili scelte da operare al momento di uscita del ragazzo, in particolare mediante l’attuazione dell’alternanza scuola-lavoro e la partecipazione degli alunni con disabilità nell’ambito del sistema IFTS.
Il Dirigente scolastico predispone adeguate misure organizzative per realizzare forme efficaci di relazioni con i soggetti coinvolti e con quelli deputati al servizio per l’impiego e con le associazioni.
Per rendere più efficace ed efficiente l’intervento dell’istituzione scuola nel processo di crescita e sviluppo dell’alunno disabile; il Dirigente scolastico promuove la costituzione di reti di scuole, per un utilizzo più efficace dei fondi utilizzati, una condivisione di risorse umane, strumentali, buone pratiche, momenti di aggiornamento e la promozione della documentazione; in tal modo si dota il territorio di un punto di riferimento per i rapporti con le famiglie e con l’extrascuola.
La corresponsabilità educativa e formativa dei docenti
Una scuola inclusiva richiede una corresponsabilità educativa diffusa, competenze didattiche adeguate ad impostare una fruttuosa relazione educativa anche con alunni con disabilità.
L’intera comunità scolastica è chiamata ad organizzare i curricoli in funzione dei diversi stili cognitivi, a gestire in modo alternativo le attività d’aula, a favorire e potenziare gli apprendimenti adottando materiali e strategie didattiche in relazione ai bisogni degli alunni.
Conseguentemente il Collegio dei docenti inserisce nel P.O.F. la scelta inclusiva dell’Istituzione scolastica, indicando le prassi didattiche che promuovono effettivamente l’inclusione (gruppi di livello eterogenei, apprendimento cooperativo, ecc.).
I Consigli di classe realizzano il coordinamento delle attività didattiche, la preparazione del materiale e tutto ciò che può consentire all’alunno disabile, sulla base dei suoi bisogni e delle sue necessità, di esercitare il suo diritto allo studio attraverso la partecipazione piena allo svolgimento della vita scolastica nella sua classe.
Tutto ciò richiede il lavoro congiunto su più direzioni.
Gli insegnanti all’interno della classe devono: assumere comportamenti non discriminatori, prestare attenzione ai bisogni di ciascun alunno accettando la diversità presente in ognuno di noi come valore ed arricchimento per l’intera classe, favorire la strutturazione del senso di appartenenza, costruire relazioni socio-affettive positive, adottare strategie e metodologie favorenti l’apprendimento (lavoro di gruppo e/o a coppie, apprendimento cooperativo, tutoring, apprendimento per scoperta, utilizzo di mediatori didattici, attrezzature e ausili informatici, software e sussidi specifici).
L’utilizzo della strumentazione informatica è utile anche per la predisposizione di documenti per lo studio di coloro che usufruiscono - in quanto necessitati - dell’utilizzo di ausili e computer per svolgere le proprie attività di apprendimento.
L’alunno infatti a prescindere dalle sue capacità, potenzialità e limiti va reso protagonista del suo personale processo di apprendimento realizzabile attivando le individuali strategie di approccio al “sapere” nel rispetto dei ritmi e degli stili di apprendimento, facendo eventualmente ricorso alla metodologia dell’apprendimento cooperativo.
La valutazione, intesa come valutazione dei processi e non solo delle performance, è espressa in decimi e va rapportata al P.E.I..
Gli insegnanti di sostegno svolgono una funzione di coordinamento della rete di attività previste per l’effettivo raggiungimento dell’integrazione; sono contitolari sulle classi in cui operano con diritto di voto e dispongono di registri in cui sono annotati i nomi degli alunni delle rispettive classi.
L’intera comunità scolastica deve essere coinvolta nel processo in questione: il docente di sostegno in una logica sistemica, oltre ad intervenire sulla base di una preparazione specifica nelle ore in classe, collabora con l’insegnante curriculare e con il Consiglio di classe in modo che l’iter formativo possa continuare anche in sua assenza.
Personale ata e assistenza di base
La nota del MIUR n. 339 del 30 novembre 2001 individua l’assistenza di base, di competenza della scuola, come il primo segmento della più articolata assistenza all’autonomia e alla comunicazione personale prevista dall’art. 13 della legge 104/92.
La responsabilità di tale assistenza, rientrante nelle funzioni aggiuntive del personale A.T.A., è del Dirigente scolastico il quale nell’ambito degli autonomi poteri di direzione, coordinamento e valorizzazione delle risorse umane, e strumentali, attraverso le procedure previste dalla legge e dalla contrattazione d’Istituto, predispone le condizioni affinché tutti gli alunni, durante la loro esperienza scolastica, dispongano di servizi qualitativamente idonei a soddisfare le proprie esigenze.
La collaborazione con le famiglie
Una serie di adempimenti, quali la formulazione e la verifica del Profilo Dinamico Funzionale (P.D.F.) e del P.E.I. previsti dalla legge 104/92, richiedono la partecipazione delle rispettive famiglie.
Una sempre più ampia partecipazione delle famiglie al sistema di istruzione caratterizza gli orientamenti normativi degli ultimi anni, dall’istituzione del Forum nazionale delle associazioni dei genitori della scuola, previsto dal D.P.R. 576/96 al rilievo posto dalla legge n. 53/2003 circa la collaborazione fra scuola e famiglia.
La famiglia in quanto fonte di informazioni preziose, nonché luogo in cui avviene la continuità fra educazione formale ed informale, costituisce un punto di riferimento essenziale per la corretta inclusione scolastica dell’alunno con disabilità.
È indispensabile che i rapporti fra istituzione scolastica e famiglia si realizzino in una logica di supporto alla stessa in relazione alle attività scolastiche e al processo di sviluppo dell’alunno con disabilità.
Il Dirigente scolastico infatti, nell’ambito di tali rapporti, dovrà convocare le riunioni in cui sono coinvolti i genitori, previo opportuno accordo nella definizione dell’orario.
La documentazione relativa all’alunno con disabilità, utile al generale processo di integrazione nonché di informazione della famiglia deve essere disponibile e consegnata alla stessa all’atto della richiesta.
Poiché va distinta sotto il profilo concettuale e metodologico, la programmazione individualizzata che caratterizza il percorso dell’alunno con disabilità nella scuola dell’obbligo e la programmazione differenziata che, nel secondo ciclo di istruzione può condurre l’alunno al conseguimento dell’attestato di frequenza, è importante l’attività informativa rivolta alla famiglia circa il percorso educativo che consente al proprio caro l’acquisizione dell’attestato di frequenza piuttosto che del diploma di scuola secondaria superiore.
Conclusioni
Come non avvalorare il concetto di contesto come risorsa, di dimensione inclusiva della scuola, di corresponsabilità educativa e formativa del Dirigente scolastico, dei docenti e di tutto il personale scolastico oltre che della necessaria e vitale esigenza di collaborazione con le famiglie.
Come docente operatore della scuola, rappresentante degli insegnanti di sostegno nel seno dell’Unità Territoriale di Coordinamento per il supporto all’integrazione scolastica degli alunni ciechi ed ipovedenti (U.T.C.) della regione Campania, nonché docente corsi di aggiornamento I.RI.FO.R. Campania (Istituto per la Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione) non posso nascondere l’esistenza di realtà molto diversificate per quanto concerne la minorazione visiva, che può essere anche congiunta ad altri handicap, la professionalità e/o responsabilità del mondo scuola nella sua interezza, la predisposizione delle famiglie di credere nell’Istituzione scuola dialogando con la stessa, nonché il ruolo delle Istituzioni varie e degli Enti locali che spesso dimenticano le loro responsabilità costituzionali in materia educativa e formativa.
Come sempre i principi così come le riforme al di là della loro positività si realizzano se non passano solo sopra la testa degli operatori i quali hanno il compito di viverli, comprenderli, sperimentarli professionalmente in via diretta ed immediata.
La Biblioteca Italiana per i Ciechi di Monza e tutte le Istituzioni che a vario titolo operano pro ciechi ed ipovedenti, operano fattivamente nell’opera di sensibilizzazione, aggiornamento e consulenza a vari livelli in modo da consentire ad ogni disabile visivo di essere posto nelle migliori condizioni di esplicarsi dando il meglio di sè.
I ciechi e gli ipovedenti infatti, qualora non portatori di altre disabilità aggiuntive, opportunamente educati e formati fin dalla nascita, con interventi professionali, sociali ed organizzativi qualificati raggiungono buone capacità di maturazione, buoni livelli di inserimento attivo nel mondo scolastico, sociale (culturale, sportivo, ricreativo, lavorativo, civico, etc), concorrendo in tal modo al progresso materiale e spirituale della società, dovere costituzionalmente previsto all’art. 4.
I ciechi per primi, consci delle loro potenzialità e del valore associativo, fin dal 1920, si sono riuniti in associazione fondando l’Unione Italiana Ciechi.
Qualche anno dopo nel 1923 la Riforma Gentile estende l’obbligo scolastico fino a 14 anni anche ai ciechi ed ai sordomuti in assenza di altre disabilità.
L’obbligo istruttivo si realizza nelle scuole speciali che, al di là delle carenze sociali, relazionali e pedagogiche, sono riuscite positivamente, in quanto dotate di strumenti e personale altamente qualificato ed idoneo, a fornire la cosiddetta “normalizzazione”: processo che consente ai non vedenti di esplicare interamente la propria autonomia sotto vari profili.
Il limite di tale forma di educazione, portò all’emanazione della legge 118/71, e della legge 360/1976; quest’ultima disposizione normativa, pur non abolendo le scuole speciali, consentì ai non vedenti, previa scelta delle loro famiglie, di essere inseriti nella scuola comune, inserimento che poi fu garantito a tutti i disabili con la legge 517/77.
Il percorso evolutivo storico dei ciechi ha galoppato nei secoli tanto da allontanare dai nostri pensieri l’immagine di un soggetto degno solo di assistenza, il cui unico compito poteva normalmente essere assolto come impagliatore di sedie nei casi migliori se non come mendicante.
Il successo di varie straordinarie persone non vedenti, prima fra tutti Louis Braille, ideatore del sistema Braille, è sotto gli occhi di tutti.
Alle Istituzioni il compito di non operare tagli indiscriminati.
A noi il dovere della coscienza delle nostre azioni a tutti i livelli per consentire a costoro di essere tra noi e con noi.
Bibliografia
Amorotti, B. (1996). La normativa vigente sull’integrazione degli handicappati nella scuola. Modena: Centro Programmazione Editoriale.
Bizzi, V. [et al.] (1990). L’integrazione scolastica e sociale dei bambini minorati della vista. Torino: Utet.
Concetta Rauso
[abstract] Una analisi puntuale delle recenti linee guida pubblicate dal Ministero dell’Istruzione mette in luce l’importanza del contesto nell’integrazione dello studente disabile [fine abstract]
Premessa
Le linee guida, nate da un confronto tra dirigenti ed esperti del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, con la partecipazione delle associazioni dei disabili, raccolgono varie direttive al fine di migliorare il processo di integrazione degli alunni con disabilità nel rispetto dell’autonomia scolastica e della legislazione vigente.
Esse, sulla base di criticità emerse nella pratica quotidiana del fare scuola, forniscono possibili soluzioni per orientare, nell’ambito delle rispettive competenze, gli Uffici Scolastici Regionali, i Dirigenti scolastici e gli Organi collegiali.
L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità è un processo irreversibile connotato da valenza pedagogica, culturale e sociale.
L’apertura delle classi normali ai disabili infatti ha alla base un’alta concezione dell’istruzione e della persona che può crescere e formarsi solo in interazione dinamica con gli altri.
La scuola, comunità educante, ha il compito di accogliere ogni alunno, programmare la costruzione di situazioni relazionali, pedagogiche – educative idonee a permetterne il massimo sviluppo.
La norma costituzionale del diritto allo studio, interpretata alla luce della legge 59/97 e del D.P.R. 275/99, è da intendersi come tutela soggettiva affinché le istituzioni scolastiche, nella loro autonomia funzionale ed organizzativa, predispongano le iniziative e realizzino le attività utili al raggiungimento del successo formativo di tutti gli alunni.
Le linee guida realizzano una panoramica sui principi generali concernenti l’integrazione scolastica individuabili nell’ordinamento italiano ed internazionale in modo da ricapitolare un percorso legislativo in materia, all’atto in cui l’Italia con la legge 18/2009 ha ratificato la Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità; quest’ultimo documento impegna gli stati firmatari a realizzare forme di integrazione scolastica in classi comuni, prassi già realizzata nel sistema scolastico italiano.
La Convenzione Onu condivide la concezione del “modello sociale della disabilità” secondo cui la disabilità è dovuta all’interazione tra il deficit di funzionamento dell’individuo e il contesto sociale, culturale e personale in cui esso vive.
Successivamente il documento in esame entra nel vivo delle problematiche scolastiche riconoscendo la responsabilità educativa di tutto il personale della scuola, nonché la necessità di una corretta e puntuale progettazione individualizzata per l’alunno con disabilità, in accordo con gli Enti locali, l’Asl e le famiglie.
Il contesto come risorsa
Il diritto allo studio è un diritto costituzionalmente garantito: la scuola è aperta a tutti e tutti i cittadini hanno pari dignità sociale senza alcuna forma di distinzione legata al sesso, lingua, razza, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali.
La Repubblica ha il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano la libertà e l’uguaglianza ed impediscono l’effettiva uguaglianza, nonché il pieno sviluppo della persona e l’effettiva partecipazione all’organizzazione politica ed economica del Paese.
Il costituente con l’art. 34 e 3 della Cost., garantendo a tutti i cittadini le medesime opportunità, ha riconosciuto agli stessi la cosiddetta uguaglianza formale e sostanziale.
Il diritto allo studio degli alunni con disabilità inizialmente, alla luce anche del disposto dell’art. 38, fu garantito nelle scuole speciali o classi differenziali.
Successivamente divennero chiare le implicazioni negative di tale scelta in termini di alienazione ed emarginazione sociale e quindi fu emanata la legge 118/71.
Tale norma supera senza abolire le scuole speciali e prescrive, su iniziativa della famiglia, l’inserimento degli alunni con disabilità nelle classi comuni disponendo il trasporto, il superamento delle barriere architettoniche, l’assistenza durante l’orario scolastico degli alunni più gravi.
In effetti si garantisce solo quello che è stato definito un inserimento in presenza ovverosia un’uguaglianza formale.
Si avvia la costruzione dell’uguaglianza sostanziale con la legge 517/77: norma in cui con chiarezza si stabiliscono i presupposti, le condizioni, gli strumenti e le finalità per l’integrazione scolastica degli alunni portatori di handicap.
Si introduce la figura dell’insegnante specializzato per le attività di sostegno e si afferma che il progetto di integrazione richiede e presuppone, ai fini della corretta realizzazione dello stesso, la presa in carico da parte dell’intero Consiglio di classe.
La sentenza della Corte costituzionale 215/87, oggetto della C.M. n. 262/88, considerata la “magna Charta” dell’integrazione scolastica, orienta tutta la successiva normativa in materia.
I diritti sanciti dalle disposizioni normative successive sono racchiusi ed espressi dalla legge 104/92, legge quadro in materia di integrazione scolastica e sociale della persona con disabilità.
La legge quadro prevede un atteggiamento di “cura educativa” nei confronti degli alunni con disabilità che si realizza in un percorso formativo individualizzato alla cui condivisione e individualizzazione partecipano più soggetti istituzionali.
Il Profilo Dinamico Funzionale e il Piano Educativo Individualizzato (P.E.I.), realizzati attraverso il coinvolgimento dell’amministrazione scolastica, degli organi pubblici sanitari e sociali nonché della famiglia, sono i documenti cardini per l’esercizio del diritto all’istruzione e all’educazione del soggetto disabile.
Da ciò l’importanza della verifica periodica degli stessi in modo che risultino sempre adeguati ai bisogni effettivi dell’alunno.
Sulla base del P.E.I., l’A.S.L. realizza il progetto riabilitativo ai sensi della legge 833/78; l’Ente locale il progetto di socializzazione ex l. 328/00; l’Istituzione scolastica il Piano degli Studi Individualizzato (D.M. 141/99 come modificato dal D.P.R. 81/2009).
Successivamente alla legge quadro è emanato il D.P.R. 24 febbraio 1994, atto di indirizzo che individua i soggetti istituzionali e le specifiche competenze in materia di Diagnosi Funzionale, Profilo Dinamico Funzionale, Piano Educativo Individualizzato; quest’ultimo è un documento conclusivo ed operativo in cui “vengono descritti gli interventi integrati ed equilibrati tra di loro, predisposti per l’alunno in condizioni di handicap, in un determinato periodo di tempo, ai fini della realizzazione del diritto all’educazione e all’istruzione” come integrato e modificato dal D.P.C.M. n.185/2006.
Il Regolamento dell’autonomia D.P.R. 275/99 e la legge di riforma 53/03 fanno espresso riferimento all’integrazione scolastica.
La legge n. 296/06, garantisce il rispetto delle “effettive esigenze” degli alunni con disabilità, sulla base di accordi interistituzionali.
La Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità, è un documento che vincola i Paesi firmatari, tra cui l’Italia, a garantire livelli di tutela dei diritti delle persone con disabilità non inferiori a quelli indicati dalla stessa.
Il tema della disabilità è stato oggetto di attenzione di vari documenti internazionali volti alla tutela dei diritti umani, sociali e civili di tutti gli individui a partire dall’infanzia quali:
• la Dichiarazione dei diritti del bambino dell’ONU varata nel 1959;
• la Dichiarazione dei diritti della persona con ritardo mentale dell’ONU pubblicata nel 1971;
• la Conferenza mondiale sui diritti umani dell’ONU, in cui si precisa che “tutti i diritti umani e le libertà fondamentali sono universali ed includono senza riserve le persone disabili”;
• le Regole standard per il raggiungimento delle pari opportunità per i disabili, adottate dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1993 in cui si ricorda come “l’ignoranza, la negligenza, la superstizione e la paura sono fattori sociali che attraversano tutta la storia della disabilità, isolando questi soggetti e ritardando anche la loro evoluzione”.
La caratteristica peculiare della Convenzione è rappresentata dal “modello sociale della disabilità”.
La condizione della disabilità è in correlazione con l’ambiente culturale e sociale; quest’ultimo costituisce un fattore determinante circa l’esperienza che il soggetto disabile fa della propria condizione di salute. Il contesto (ambienti, procedure, strumenti educativi ed ausili) deve essere accomodato in modo ragionevole ossia adattato ai bisogni specifici della persona con disabilità; deve essere ricco di opportunità, per costituire una risorsa potenziale al raggiungimento di buoni livelli di realizzazione e autonomia difficilmente raggiungibili in condizioni contestuali meno favorite, garantendo in tal modo il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e le libertà fondamentali.
In materia di educazione la convenzione riconosce il diritto all’istruzione per tutti, in un sistema di istruzione inclusivo a tutti i livelli di apprendimento, continuo lungo tutto l’arco della vita e finalizzato a sviluppare pienamente il potenziale umano, sotto il profilo delle abilità psicofisiche, mentali sociali e relazionali in modo da porre le persone portatrici di handicap nella condizione di partecipare effettivamente ad una società libera.
Nel 2001 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.), considerando la persona da un punto di vista globale e non solo “sanitario” recepisce il modello sociale della disabilità, ed approva la nuova Classificazione Internazionale del Funzionamento (I.C.F.) della disabilità e della salute.
Nella prospettiva dell’ICF, la partecipazione alle attività sociali di una persona con disabilità è determinata dall’interazione della sua condizione di salute (a livello di strutture e di funzioni corporee) con le condizioni ambientali, culturali, sociali e personali (definite fattori contestuali) in cui essa vive.
In questo modello il contesto assume valore prioritario i cui molteplici elementi possono essere qualificati come barriera qualora ostacolino l’attività e la partecipazione della persona, facilitatori in caso contrario.
La dimensione inclusiva della scuola
Con la legge 59/97, le istituzioni scolastiche hanno acquisito personalità giuridica, autonomia organizzativa e didattica, esercitabile nei limiti della legge e nel rispetto dei principi di logicità e congruità in modo da evitare atti caratterizzati da disparità di trattamento quale potrebbe essere, in primo luogo, la mancata partecipazione di tutte le componenti scolastiche al processo di integrazione finalizzato alla costruzione di un progetto di vita che consente all’alunno disabile di “avere un futuro”.
Il processo integrativo, definito all’interno di Gruppi di lavoro la cui costituzione in ogni istituzione scolastica è obbligatoria, ha come obiettivo fondamentale lo sviluppo delle competenze dell’alunno negli apprendimenti, nella comunicazione, nella relazione e socializzazione; tale processo richiede la collaborazione e il coordinamento di tutte le componenti in questione oltre l’esistenza di una pianificazione puntuale e logica degli interventi educativi, formativi, riabilitativi come previsto dal (P.E.I.).
Il Dirigente scolastico è il garante del Piano dell’Offerta Formativa (P.O.F.) progettata e realizzata dall’istituzione scolastica per la generalità degli utenti.
La presenza di alunni disabili costituisce un evento che richiede una riorganizzazione del sistema ma rappresenta anche un’occasione di crescita per tutti.
L’integrazione/inclusione scolastica è un valore fondativo, un assunto culturale che richiede una incisiva leadership gestionale e relazionale; tale capacità si manifesta attraverso la promozione e la cura di iniziative da attuarsi di concerto con le varie componenti scolastiche come corsi di formazione, programmi di miglioramento del servizio scolastico per gli alunni con disabilità, progetti, iniziative capaci di coinvolgere i genitori e le varie forze locali, la costituzione di rete di scuole per obiettivi concernenti l’inclusione e partecipazione agli incontri di G.L.H.O., l’istituzione del Gruppo di Lavoro dell’Handicap (G.L.H.) di istituto, la continuità educativo-didattica, la partecipazione alla stipula di Accordi di Programma a livello dei piani di zona, di cui alla legge 328/00, direttamente o tramite reti di scuole.
L’autonomia funzionale delle istituzioni scolastiche richiede un buon livello organizzativo, punti fermi costituiti da principi di legge intorno cui sviluppare la progettualità educativa finalizzata al successo formativo di tutti gli alunni.
Il Collegio dei docenti e il Consiglio d’istituto elaborano il P.O.F. che si qualifica inclusivo quando prevede la realizzazione di azioni, progetti, possibilità esperenziali idonee a fornire risposte precise ad esigenze educative individuali.
Il Dirigente scolastico ha il compito di rendere operative le indicazioni del P.O.F. in via diretta o affidandole ad una figura professionale di riferimento qual è la funzione strumentale.
La progettazione educativa per gli alunni con disabilità deve essere costruita tenendo presente quanto disposto dalla legge 104/92 in materia di integrazione scolastica il cui obiettivo è lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell’apprendimento, comunicazione, relazione e socializzazione: finalità non impedita da difficoltà di apprendimento, né da altre problematicità connesse all’handicap.
Sono quindi contrari al dettato normativo della legge 104/92, la costituzione di laboratori che accolgono più alunni con disabilità per quote orario anche minime o per prolungati e reiterati periodi dell’anno scolastico.
Talvolta a torto, soprattutto dinanzi a particolari casi di handicap, il ruolo formativo della scuola si ritiene esaurito nella socializzazione; quest’ultima è uno strumento di crescita da integrare necessariamente ed in modo equilibrato con il miglioramento degli apprendimenti, effettuato mediante pratiche didattiche individualizzate o di gruppo progettate individualmente sulla base delle esigenze del soggetto e realizzate, preferibilmente, nell’ambito della classe e nel contesto del programma in essa esplicato.
Si è integrati/inclusi in un contesto scolastico quando si effettuano esperienze, si attivano apprendimenti insieme agli altri, si condividono strategie di lavoro scaturite dalla programmazione congiunta di tutti i docenti curricolari i quali insieme all’insegnante di sostegno definiscono gli obiettivi di apprendimento per gli alunni con disabilità in correlazione con quelli previsti per l’intera classe.
La cooperazione e la corresponsabilità del team dei docenti sono essenziali per le finalità previste dalla legge quadro sulla disabilità.
È compito del dirigente scolastico e degli Organi collegiali competenti attivare le necessarie iniziative per rendere effettiva la cooperazione e la corresponsabilità così come esplicitata nel P.O.F..
La documentazione relativa al P.E.I. deve essere disponibile alla famiglia in modo da consentire alla stessa la conoscenza del percorso educativo e formativo concordato e pianificato.
Il fascicolo individuale dell’alunno con disabilità, il cui fine è di documentare il percorso formativo compiuto nell’iter scolastico, riveste una notevole importanza soprattutto nel momento del passaggio fra un grado e l’altro di istruzione.
Nel passaggio dal I al II ciclo di istruzione è indispensabile che i Dirigenti scolastici coinvolti prevedano forme di consultazione obbligatorie fra gli insegnanti della classe frequentata dall’alunno con disabilità e le figure di riferimento per l’integrazione delle scuole coinvolte, in modo da consentire continuità operativa e la migliore applicazione delle esperienze già maturate nella relazione educativo-didattica e nelle prassi di integrazione con l’alunno disabile.
Si possono inoltre avviare progetti sperimentali che, sulla base di accordi fra le istituzioni scolastiche e nel rispetto della normativa vigente anche contrattuale, consentano al docente del grado scolastico già frequentato di partecipare alle fasi di accoglienza e di inserimento nel grado successivo.
È importante la consegna della documentazione completa e sufficientemente articolata per consentire all’istituzione scolastica che accoglie l’alunno disabile di progettare adeguatamente i propri interventi.
C’è da chiedersi se il diritto allo studio, inteso come diritto al successo formativo di tutti gli alunni alla luce della legge 59/97, si realizzi, nel rispetto delle deroghe normativamente previste, attraverso la permanenza nel sistema di istruzione fino all’età di 21 anni, o attraverso rallentamenti eccessivi in determinati gradi di istruzione.
In effetti il sistema di istruzione risponde ai bisogni educativi e formativi dei giovani cittadini, rendendo indispensabile il passaggio della presa in carico ad altri soggetti pubblici realizzando il puntuale passaggio al mondo del lavoro e all’attuazione del progetto di vita che, pur essendo parte integrante del P.E.I., riguarda la crescita personale e sociale dell’alunno con disabilità dopo il periodo scolastico e come progettualità futura va condiviso dalla famiglia e dagli altri soggetti coinvolti nel processo di integrazione.
È a tal riguardo indispensabile predisporre piani educativi che prefigurano, all’interno del P.O.F., attraverso anche l’orientamento, le possibili scelte da operare al momento di uscita del ragazzo, in particolare mediante l’attuazione dell’alternanza scuola-lavoro e la partecipazione degli alunni con disabilità nell’ambito del sistema IFTS.
Il Dirigente scolastico predispone adeguate misure organizzative per realizzare forme efficaci di relazioni con i soggetti coinvolti e con quelli deputati al servizio per l’impiego e con le associazioni.
Per rendere più efficace ed efficiente l’intervento dell’istituzione scuola nel processo di crescita e sviluppo dell’alunno disabile; il Dirigente scolastico promuove la costituzione di reti di scuole, per un utilizzo più efficace dei fondi utilizzati, una condivisione di risorse umane, strumentali, buone pratiche, momenti di aggiornamento e la promozione della documentazione; in tal modo si dota il territorio di un punto di riferimento per i rapporti con le famiglie e con l’extrascuola.
La corresponsabilità educativa e formativa dei docenti
Una scuola inclusiva richiede una corresponsabilità educativa diffusa, competenze didattiche adeguate ad impostare una fruttuosa relazione educativa anche con alunni con disabilità.
L’intera comunità scolastica è chiamata ad organizzare i curricoli in funzione dei diversi stili cognitivi, a gestire in modo alternativo le attività d’aula, a favorire e potenziare gli apprendimenti adottando materiali e strategie didattiche in relazione ai bisogni degli alunni.
Conseguentemente il Collegio dei docenti inserisce nel P.O.F. la scelta inclusiva dell’Istituzione scolastica, indicando le prassi didattiche che promuovono effettivamente l’inclusione (gruppi di livello eterogenei, apprendimento cooperativo, ecc.).
I Consigli di classe realizzano il coordinamento delle attività didattiche, la preparazione del materiale e tutto ciò che può consentire all’alunno disabile, sulla base dei suoi bisogni e delle sue necessità, di esercitare il suo diritto allo studio attraverso la partecipazione piena allo svolgimento della vita scolastica nella sua classe.
Tutto ciò richiede il lavoro congiunto su più direzioni.
Gli insegnanti all’interno della classe devono: assumere comportamenti non discriminatori, prestare attenzione ai bisogni di ciascun alunno accettando la diversità presente in ognuno di noi come valore ed arricchimento per l’intera classe, favorire la strutturazione del senso di appartenenza, costruire relazioni socio-affettive positive, adottare strategie e metodologie favorenti l’apprendimento (lavoro di gruppo e/o a coppie, apprendimento cooperativo, tutoring, apprendimento per scoperta, utilizzo di mediatori didattici, attrezzature e ausili informatici, software e sussidi specifici).
L’utilizzo della strumentazione informatica è utile anche per la predisposizione di documenti per lo studio di coloro che usufruiscono - in quanto necessitati - dell’utilizzo di ausili e computer per svolgere le proprie attività di apprendimento.
L’alunno infatti a prescindere dalle sue capacità, potenzialità e limiti va reso protagonista del suo personale processo di apprendimento realizzabile attivando le individuali strategie di approccio al “sapere” nel rispetto dei ritmi e degli stili di apprendimento, facendo eventualmente ricorso alla metodologia dell’apprendimento cooperativo.
La valutazione, intesa come valutazione dei processi e non solo delle performance, è espressa in decimi e va rapportata al P.E.I..
Gli insegnanti di sostegno svolgono una funzione di coordinamento della rete di attività previste per l’effettivo raggiungimento dell’integrazione; sono contitolari sulle classi in cui operano con diritto di voto e dispongono di registri in cui sono annotati i nomi degli alunni delle rispettive classi.
L’intera comunità scolastica deve essere coinvolta nel processo in questione: il docente di sostegno in una logica sistemica, oltre ad intervenire sulla base di una preparazione specifica nelle ore in classe, collabora con l’insegnante curriculare e con il Consiglio di classe in modo che l’iter formativo possa continuare anche in sua assenza.
Personale ata e assistenza di base
La nota del MIUR n. 339 del 30 novembre 2001 individua l’assistenza di base, di competenza della scuola, come il primo segmento della più articolata assistenza all’autonomia e alla comunicazione personale prevista dall’art. 13 della legge 104/92.
La responsabilità di tale assistenza, rientrante nelle funzioni aggiuntive del personale A.T.A., è del Dirigente scolastico il quale nell’ambito degli autonomi poteri di direzione, coordinamento e valorizzazione delle risorse umane, e strumentali, attraverso le procedure previste dalla legge e dalla contrattazione d’Istituto, predispone le condizioni affinché tutti gli alunni, durante la loro esperienza scolastica, dispongano di servizi qualitativamente idonei a soddisfare le proprie esigenze.
La collaborazione con le famiglie
Una serie di adempimenti, quali la formulazione e la verifica del Profilo Dinamico Funzionale (P.D.F.) e del P.E.I. previsti dalla legge 104/92, richiedono la partecipazione delle rispettive famiglie.
Una sempre più ampia partecipazione delle famiglie al sistema di istruzione caratterizza gli orientamenti normativi degli ultimi anni, dall’istituzione del Forum nazionale delle associazioni dei genitori della scuola, previsto dal D.P.R. 576/96 al rilievo posto dalla legge n. 53/2003 circa la collaborazione fra scuola e famiglia.
La famiglia in quanto fonte di informazioni preziose, nonché luogo in cui avviene la continuità fra educazione formale ed informale, costituisce un punto di riferimento essenziale per la corretta inclusione scolastica dell’alunno con disabilità.
È indispensabile che i rapporti fra istituzione scolastica e famiglia si realizzino in una logica di supporto alla stessa in relazione alle attività scolastiche e al processo di sviluppo dell’alunno con disabilità.
Il Dirigente scolastico infatti, nell’ambito di tali rapporti, dovrà convocare le riunioni in cui sono coinvolti i genitori, previo opportuno accordo nella definizione dell’orario.
La documentazione relativa all’alunno con disabilità, utile al generale processo di integrazione nonché di informazione della famiglia deve essere disponibile e consegnata alla stessa all’atto della richiesta.
Poiché va distinta sotto il profilo concettuale e metodologico, la programmazione individualizzata che caratterizza il percorso dell’alunno con disabilità nella scuola dell’obbligo e la programmazione differenziata che, nel secondo ciclo di istruzione può condurre l’alunno al conseguimento dell’attestato di frequenza, è importante l’attività informativa rivolta alla famiglia circa il percorso educativo che consente al proprio caro l’acquisizione dell’attestato di frequenza piuttosto che del diploma di scuola secondaria superiore.
Conclusioni
Come non avvalorare il concetto di contesto come risorsa, di dimensione inclusiva della scuola, di corresponsabilità educativa e formativa del Dirigente scolastico, dei docenti e di tutto il personale scolastico oltre che della necessaria e vitale esigenza di collaborazione con le famiglie.
Come docente operatore della scuola, rappresentante degli insegnanti di sostegno nel seno dell’Unità Territoriale di Coordinamento per il supporto all’integrazione scolastica degli alunni ciechi ed ipovedenti (U.T.C.) della regione Campania, nonché docente corsi di aggiornamento I.RI.FO.R. Campania (Istituto per la Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione) non posso nascondere l’esistenza di realtà molto diversificate per quanto concerne la minorazione visiva, che può essere anche congiunta ad altri handicap, la professionalità e/o responsabilità del mondo scuola nella sua interezza, la predisposizione delle famiglie di credere nell’Istituzione scuola dialogando con la stessa, nonché il ruolo delle Istituzioni varie e degli Enti locali che spesso dimenticano le loro responsabilità costituzionali in materia educativa e formativa.
Come sempre i principi così come le riforme al di là della loro positività si realizzano se non passano solo sopra la testa degli operatori i quali hanno il compito di viverli, comprenderli, sperimentarli professionalmente in via diretta ed immediata.
La Biblioteca Italiana per i Ciechi di Monza e tutte le Istituzioni che a vario titolo operano pro ciechi ed ipovedenti, operano fattivamente nell’opera di sensibilizzazione, aggiornamento e consulenza a vari livelli in modo da consentire ad ogni disabile visivo di essere posto nelle migliori condizioni di esplicarsi dando il meglio di sè.
I ciechi e gli ipovedenti infatti, qualora non portatori di altre disabilità aggiuntive, opportunamente educati e formati fin dalla nascita, con interventi professionali, sociali ed organizzativi qualificati raggiungono buone capacità di maturazione, buoni livelli di inserimento attivo nel mondo scolastico, sociale (culturale, sportivo, ricreativo, lavorativo, civico, etc), concorrendo in tal modo al progresso materiale e spirituale della società, dovere costituzionalmente previsto all’art. 4.
I ciechi per primi, consci delle loro potenzialità e del valore associativo, fin dal 1920, si sono riuniti in associazione fondando l’Unione Italiana Ciechi.
Qualche anno dopo nel 1923 la Riforma Gentile estende l’obbligo scolastico fino a 14 anni anche ai ciechi ed ai sordomuti in assenza di altre disabilità.
L’obbligo istruttivo si realizza nelle scuole speciali che, al di là delle carenze sociali, relazionali e pedagogiche, sono riuscite positivamente, in quanto dotate di strumenti e personale altamente qualificato ed idoneo, a fornire la cosiddetta “normalizzazione”: processo che consente ai non vedenti di esplicare interamente la propria autonomia sotto vari profili.
Il limite di tale forma di educazione, portò all’emanazione della legge 118/71, e della legge 360/1976; quest’ultima disposizione normativa, pur non abolendo le scuole speciali, consentì ai non vedenti, previa scelta delle loro famiglie, di essere inseriti nella scuola comune, inserimento che poi fu garantito a tutti i disabili con la legge 517/77.
Il percorso evolutivo storico dei ciechi ha galoppato nei secoli tanto da allontanare dai nostri pensieri l’immagine di un soggetto degno solo di assistenza, il cui unico compito poteva normalmente essere assolto come impagliatore di sedie nei casi migliori se non come mendicante.
Il successo di varie straordinarie persone non vedenti, prima fra tutti Louis Braille, ideatore del sistema Braille, è sotto gli occhi di tutti.
Alle Istituzioni il compito di non operare tagli indiscriminati.
A noi il dovere della coscienza delle nostre azioni a tutti i livelli per consentire a costoro di essere tra noi e con noi.
Bibliografia
Amorotti, B. (1996). La normativa vigente sull’integrazione degli handicappati nella scuola. Modena: Centro Programmazione Editoriale.
Bizzi, V. [et al.] (1990). L’integrazione scolastica e sociale dei bambini minorati della vista. Torino: Utet.
Inoltre sono state consultate le seguenti disposizioni giudiziari, normative nazionali ed internazionali:
Sentenza Corte costituzionale 215/87
Carta Costituzionale
Riforma Gentile del 1923;
Legge 118/71
Legge 360/1976
Legge 517/77
Legge 833/78
C.M. 262/88
Legge 104/92,
D.P.R. 24 febbraio 1994
D.P.R. 576/96
Legge 59/97
D.P.R. 275/99
D.M. 141/99
Legge 328/00
Legge 53/03
D.P.C.M. 185/2006
Legge . 296/06
Legge 18/2009
D.P.R. 81/2009.
Nota MIUR n. 339 del 30 novembre 2001
Dichiarazione dei diritti del Bambino dell’ONU varata nel 1959
Dichiarazione dei diritti della persona con ritardo mentale dell’ONU pubblicata nel 1971
Conferenza mondiale sui diritti umani dell’ONU giugno 1993
Regole standard per il raggiungimento delle pari opportunità per i disabili, adottate dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1993.
Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità marzo 2007.
Concetta Rauso,
docente di Scuola dell’infanzia
IL RUOLO DELLA SCUOLA E DELLA FAMIGLIA ALLA LUCE DELLE “LINEE GUIDA PER L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA DEGLI ALUNNI CON DISABILITÀ”
Concetta Rauso
[abstract] Una analisi puntuale delle recenti linee guida pubblicate dal Ministero dell’Istruzione mette in luce l’importanza del contesto nell’integrazione dello studente disabile [fine abstract]
Premessa
Le linee guida, nate da un confronto tra dirigenti ed esperti del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, con la partecipazione delle associazioni dei disabili, raccolgono varie direttive al fine di migliorare il processo di integrazione degli alunni con disabilità nel rispetto dell’autonomia scolastica e della legislazione vigente.
Esse, sulla base di criticità emerse nella pratica quotidiana del fare scuola, forniscono possibili soluzioni per orientare, nell’ambito delle rispettive competenze, gli Uffici Scolastici Regionali, i Dirigenti scolastici e gli Organi collegiali.
L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità è un processo irreversibile connotato da valenza pedagogica, culturale e sociale.
L’apertura delle classi normali ai disabili infatti ha alla base un’alta concezione dell’istruzione e della persona che può crescere e formarsi solo in interazione dinamica con gli altri.
La scuola, comunità educante, ha il compito di accogliere ogni alunno, programmare la costruzione di situazioni relazionali, pedagogiche – educative idonee a permetterne il massimo sviluppo.
La norma costituzionale del diritto allo studio, interpretata alla luce della legge 59/97 e del D.P.R. 275/99, è da intendersi come tutela soggettiva affinché le istituzioni scolastiche, nella loro autonomia funzionale ed organizzativa, predispongano le iniziative e realizzino le attività utili al raggiungimento del successo formativo di tutti gli alunni.
Le linee guida realizzano una panoramica sui principi generali concernenti l’integrazione scolastica individuabili nell’ordinamento italiano ed internazionale in modo da ricapitolare un percorso legislativo in materia, all’atto in cui l’Italia con la legge 18/2009 ha ratificato la Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità; quest’ultimo documento impegna gli stati firmatari a realizzare forme di integrazione scolastica in classi comuni, prassi già realizzata nel sistema scolastico italiano.
La Convenzione Onu condivide la concezione del “modello sociale della disabilità” secondo cui la disabilità è dovuta all’interazione tra il deficit di funzionamento dell’individuo e il contesto sociale, culturale e personale in cui esso vive.
Successivamente il documento in esame entra nel vivo delle problematiche scolastiche riconoscendo la responsabilità educativa di tutto il personale della scuola, nonché la necessità di una corretta e puntuale progettazione individualizzata per l’alunno con disabilità, in accordo con gli Enti locali, l’Asl e le famiglie.
Il contesto come risorsa
Il diritto allo studio è un diritto costituzionalmente garantito: la scuola è aperta a tutti e tutti i cittadini hanno pari dignità sociale senza alcuna forma di distinzione legata al sesso, lingua, razza, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali.
La Repubblica ha il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano la libertà e l’uguaglianza ed impediscono l’effettiva uguaglianza, nonché il pieno sviluppo della persona e l’effettiva partecipazione all’organizzazione politica ed economica del Paese.
Il costituente con l’art. 34 e 3 della Cost., garantendo a tutti i cittadini le medesime opportunità, ha riconosciuto agli stessi la cosiddetta uguaglianza formale e sostanziale.
Il diritto allo studio degli alunni con disabilità inizialmente, alla luce anche del disposto dell’art. 38, fu garantito nelle scuole speciali o classi differenziali.
Successivamente divennero chiare le implicazioni negative di tale scelta in termini di alienazione ed emarginazione sociale e quindi fu emanata la legge 118/71.
Tale norma supera senza abolire le scuole speciali e prescrive, su iniziativa della famiglia, l’inserimento degli alunni con disabilità nelle classi comuni disponendo il trasporto, il superamento delle barriere architettoniche, l’assistenza durante l’orario scolastico degli alunni più gravi.
In effetti si garantisce solo quello che è stato definito un inserimento in presenza ovverosia un’uguaglianza formale.
Si avvia la costruzione dell’uguaglianza sostanziale con la legge 517/77: norma in cui con chiarezza si stabiliscono i presupposti, le condizioni, gli strumenti e le finalità per l’integrazione scolastica degli alunni portatori di handicap.
Si introduce la figura dell’insegnante specializzato per le attività di sostegno e si afferma che il progetto di integrazione richiede e presuppone, ai fini della corretta realizzazione dello stesso, la presa in carico da parte dell’intero Consiglio di classe.
La sentenza della Corte costituzionale 215/87, oggetto della C.M. n. 262/88, considerata la “magna Charta” dell’integrazione scolastica, orienta tutta la successiva normativa in materia.
I diritti sanciti dalle disposizioni normative successive sono racchiusi ed espressi dalla legge 104/92, legge quadro in materia di integrazione scolastica e sociale della persona con disabilità.
La legge quadro prevede un atteggiamento di “cura educativa” nei confronti degli alunni con disabilità che si realizza in un percorso formativo individualizzato alla cui condivisione e individualizzazione partecipano più soggetti istituzionali.
Il Profilo Dinamico Funzionale e il Piano Educativo Individualizzato (P.E.I.), realizzati attraverso il coinvolgimento dell’amministrazione scolastica, degli organi pubblici sanitari e sociali nonché della famiglia, sono i documenti cardini per l’esercizio del diritto all’istruzione e all’educazione del soggetto disabile.
Da ciò l’importanza della verifica periodica degli stessi in modo che risultino sempre adeguati ai bisogni effettivi dell’alunno.
Sulla base del P.E.I., l’A.S.L. realizza il progetto riabilitativo ai sensi della legge 833/78; l’Ente locale il progetto di socializzazione ex l. 328/00; l’Istituzione scolastica il Piano degli Studi Individualizzato (D.M. 141/99 come modificato dal D.P.R. 81/2009).
Successivamente alla legge quadro è emanato il D.P.R. 24 febbraio 1994, atto di indirizzo che individua i soggetti istituzionali e le specifiche competenze in materia di Diagnosi Funzionale, Profilo Dinamico Funzionale, Piano Educativo Individualizzato; quest’ultimo è un documento conclusivo ed operativo in cui “vengono descritti gli interventi integrati ed equilibrati tra di loro, predisposti per l’alunno in condizioni di handicap, in un determinato periodo di tempo, ai fini della realizzazione del diritto all’educazione e all’istruzione” come integrato e modificato dal D.P.C.M. n.185/2006.
Il Regolamento dell’autonomia D.P.R. 275/99 e la legge di riforma 53/03 fanno espresso riferimento all’integrazione scolastica.
La legge n. 296/06, garantisce il rispetto delle “effettive esigenze” degli alunni con disabilità, sulla base di accordi interistituzionali.
La Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità, è un documento che vincola i Paesi firmatari, tra cui l’Italia, a garantire livelli di tutela dei diritti delle persone con disabilità non inferiori a quelli indicati dalla stessa.
Il tema della disabilità è stato oggetto di attenzione di vari documenti internazionali volti alla tutela dei diritti umani, sociali e civili di tutti gli individui a partire dall’infanzia quali:
• la Dichiarazione dei diritti del bambino dell’ONU varata nel 1959;
• la Dichiarazione dei diritti della persona con ritardo mentale dell’ONU pubblicata nel 1971;
• la Conferenza mondiale sui diritti umani dell’ONU, in cui si precisa che “tutti i diritti umani e le libertà fondamentali sono universali ed includono senza riserve le persone disabili”;
• le Regole standard per il raggiungimento delle pari opportunità per i disabili, adottate dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1993 in cui si ricorda come “l’ignoranza, la negligenza, la superstizione e la paura sono fattori sociali che attraversano tutta la storia della disabilità, isolando questi soggetti e ritardando anche la loro evoluzione”.
La caratteristica peculiare della Convenzione è rappresentata dal “modello sociale della disabilità”.
La condizione della disabilità è in correlazione con l’ambiente culturale e sociale; quest’ultimo costituisce un fattore determinante circa l’esperienza che il soggetto disabile fa della propria condizione di salute. Il contesto (ambienti, procedure, strumenti educativi ed ausili) deve essere accomodato in modo ragionevole ossia adattato ai bisogni specifici della persona con disabilità; deve essere ricco di opportunità, per costituire una risorsa potenziale al raggiungimento di buoni livelli di realizzazione e autonomia difficilmente raggiungibili in condizioni contestuali meno favorite, garantendo in tal modo il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e le libertà fondamentali.
In materia di educazione la convenzione riconosce il diritto all’istruzione per tutti, in un sistema di istruzione inclusivo a tutti i livelli di apprendimento, continuo lungo tutto l’arco della vita e finalizzato a sviluppare pienamente il potenziale umano, sotto il profilo delle abilità psicofisiche, mentali sociali e relazionali in modo da porre le persone portatrici di handicap nella condizione di partecipare effettivamente ad una società libera.
Nel 2001 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.), considerando la persona da un punto di vista globale e non solo “sanitario” recepisce il modello sociale della disabilità, ed approva la nuova Classificazione Internazionale del Funzionamento (I.C.F.) della disabilità e della salute.
Nella prospettiva dell’ICF, la partecipazione alle attività sociali di una persona con disabilità è determinata dall’interazione della sua condizione di salute (a livello di strutture e di funzioni corporee) con le condizioni ambientali, culturali, sociali e personali (definite fattori contestuali) in cui essa vive.
In questo modello il contesto assume valore prioritario i cui molteplici elementi possono essere qualificati come barriera qualora ostacolino l’attività e la partecipazione della persona, facilitatori in caso contrario.
La dimensione inclusiva della scuola
Con la legge 59/97, le istituzioni scolastiche hanno acquisito personalità giuridica, autonomia organizzativa e didattica, esercitabile nei limiti della legge e nel rispetto dei principi di logicità e congruità in modo da evitare atti caratterizzati da disparità di trattamento quale potrebbe essere, in primo luogo, la mancata partecipazione di tutte le componenti scolastiche al processo di integrazione finalizzato alla costruzione di un progetto di vita che consente all’alunno disabile di “avere un futuro”.
Il processo integrativo, definito all’interno di Gruppi di lavoro la cui costituzione in ogni istituzione scolastica è obbligatoria, ha come obiettivo fondamentale lo sviluppo delle competenze dell’alunno negli apprendimenti, nella comunicazione, nella relazione e socializzazione; tale processo richiede la collaborazione e il coordinamento di tutte le componenti in questione oltre l’esistenza di una pianificazione puntuale e logica degli interventi educativi, formativi, riabilitativi come previsto dal (P.E.I.).
Il Dirigente scolastico è il garante del Piano dell’Offerta Formativa (P.O.F.) progettata e realizzata dall’istituzione scolastica per la generalità degli utenti.
La presenza di alunni disabili costituisce un evento che richiede una riorganizzazione del sistema ma rappresenta anche un’occasione di crescita per tutti.
L’integrazione/inclusione scolastica è un valore fondativo, un assunto culturale che richiede una incisiva leadership gestionale e relazionale; tale capacità si manifesta attraverso la promozione e la cura di iniziative da attuarsi di concerto con le varie componenti scolastiche come corsi di formazione, programmi di miglioramento del servizio scolastico per gli alunni con disabilità, progetti, iniziative capaci di coinvolgere i genitori e le varie forze locali, la costituzione di rete di scuole per obiettivi concernenti l’inclusione e partecipazione agli incontri di G.L.H.O., l’istituzione del Gruppo di Lavoro dell’Handicap (G.L.H.) di istituto, la continuità educativo-didattica, la partecipazione alla stipula di Accordi di Programma a livello dei piani di zona, di cui alla legge 328/00, direttamente o tramite reti di scuole.
L’autonomia funzionale delle istituzioni scolastiche richiede un buon livello organizzativo, punti fermi costituiti da principi di legge intorno cui sviluppare la progettualità educativa finalizzata al successo formativo di tutti gli alunni.
Il Collegio dei docenti e il Consiglio d’istituto elaborano il P.O.F. che si qualifica inclusivo quando prevede la realizzazione di azioni, progetti, possibilità esperenziali idonee a fornire risposte precise ad esigenze educative individuali.
Il Dirigente scolastico ha il compito di rendere operative le indicazioni del P.O.F. in via diretta o affidandole ad una figura professionale di riferimento qual è la funzione strumentale.
La progettazione educativa per gli alunni con disabilità deve essere costruita tenendo presente quanto disposto dalla legge 104/92 in materia di integrazione scolastica il cui obiettivo è lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell’apprendimento, comunicazione, relazione e socializzazione: finalità non impedita da difficoltà di apprendimento, né da altre problematicità connesse all’handicap.
Sono quindi contrari al dettato normativo della legge 104/92, la costituzione di laboratori che accolgono più alunni con disabilità per quote orario anche minime o per prolungati e reiterati periodi dell’anno scolastico.
Talvolta a torto, soprattutto dinanzi a particolari casi di handicap, il ruolo formativo della scuola si ritiene esaurito nella socializzazione; quest’ultima è uno strumento di crescita da integrare necessariamente ed in modo equilibrato con il miglioramento degli apprendimenti, effettuato mediante pratiche didattiche individualizzate o di gruppo progettate individualmente sulla base delle esigenze del soggetto e realizzate, preferibilmente, nell’ambito della classe e nel contesto del programma in essa esplicato.
Si è integrati/inclusi in un contesto scolastico quando si effettuano esperienze, si attivano apprendimenti insieme agli altri, si condividono strategie di lavoro scaturite dalla programmazione congiunta di tutti i docenti curricolari i quali insieme all’insegnante di sostegno definiscono gli obiettivi di apprendimento per gli alunni con disabilità in correlazione con quelli previsti per l’intera classe.
La cooperazione e la corresponsabilità del team dei docenti sono essenziali per le finalità previste dalla legge quadro sulla disabilità.
È compito del dirigente scolastico e degli Organi collegiali competenti attivare le necessarie iniziative per rendere effettiva la cooperazione e la corresponsabilità così come esplicitata nel P.O.F..
La documentazione relativa al P.E.I. deve essere disponibile alla famiglia in modo da consentire alla stessa la conoscenza del percorso educativo e formativo concordato e pianificato.
Il fascicolo individuale dell’alunno con disabilità, il cui fine è di documentare il percorso formativo compiuto nell’iter scolastico, riveste una notevole importanza soprattutto nel momento del passaggio fra un grado e l’altro di istruzione.
Nel passaggio dal I al II ciclo di istruzione è indispensabile che i Dirigenti scolastici coinvolti prevedano forme di consultazione obbligatorie fra gli insegnanti della classe frequentata dall’alunno con disabilità e le figure di riferimento per l’integrazione delle scuole coinvolte, in modo da consentire continuità operativa e la migliore applicazione delle esperienze già maturate nella relazione educativo-didattica e nelle prassi di integrazione con l’alunno disabile.
Si possono inoltre avviare progetti sperimentali che, sulla base di accordi fra le istituzioni scolastiche e nel rispetto della normativa vigente anche contrattuale, consentano al docente del grado scolastico già frequentato di partecipare alle fasi di accoglienza e di inserimento nel grado successivo.
È importante la consegna della documentazione completa e sufficientemente articolata per consentire all’istituzione scolastica che accoglie l’alunno disabile di progettare adeguatamente i propri interventi.
C’è da chiedersi se il diritto allo studio, inteso come diritto al successo formativo di tutti gli alunni alla luce della legge 59/97, si realizzi, nel rispetto delle deroghe normativamente previste, attraverso la permanenza nel sistema di istruzione fino all’età di 21 anni, o attraverso rallentamenti eccessivi in determinati gradi di istruzione.
In effetti il sistema di istruzione risponde ai bisogni educativi e formativi dei giovani cittadini, rendendo indispensabile il passaggio della presa in carico ad altri soggetti pubblici realizzando il puntuale passaggio al mondo del lavoro e all’attuazione del progetto di vita che, pur essendo parte integrante del P.E.I., riguarda la crescita personale e sociale dell’alunno con disabilità dopo il periodo scolastico e come progettualità futura va condiviso dalla famiglia e dagli altri soggetti coinvolti nel processo di integrazione.
È a tal riguardo indispensabile predisporre piani educativi che prefigurano, all’interno del P.O.F., attraverso anche l’orientamento, le possibili scelte da operare al momento di uscita del ragazzo, in particolare mediante l’attuazione dell’alternanza scuola-lavoro e la partecipazione degli alunni con disabilità nell’ambito del sistema IFTS.
Il Dirigente scolastico predispone adeguate misure organizzative per realizzare forme efficaci di relazioni con i soggetti coinvolti e con quelli deputati al servizio per l’impiego e con le associazioni.
Per rendere più efficace ed efficiente l’intervento dell’istituzione scuola nel processo di crescita e sviluppo dell’alunno disabile; il Dirigente scolastico promuove la costituzione di reti di scuole, per un utilizzo più efficace dei fondi utilizzati, una condivisione di risorse umane, strumentali, buone pratiche, momenti di aggiornamento e la promozione della documentazione; in tal modo si dota il territorio di un punto di riferimento per i rapporti con le famiglie e con l’extrascuola.
La corresponsabilità educativa e formativa dei docenti
Una scuola inclusiva richiede una corresponsabilità educativa diffusa, competenze didattiche adeguate ad impostare una fruttuosa relazione educativa anche con alunni con disabilità.
L’intera comunità scolastica è chiamata ad organizzare i curricoli in funzione dei diversi stili cognitivi, a gestire in modo alternativo le attività d’aula, a favorire e potenziare gli apprendimenti adottando materiali e strategie didattiche in relazione ai bisogni degli alunni.
Conseguentemente il Collegio dei docenti inserisce nel P.O.F. la scelta inclusiva dell’Istituzione scolastica, indicando le prassi didattiche che promuovono effettivamente l’inclusione (gruppi di livello eterogenei, apprendimento cooperativo, ecc.).
I Consigli di classe realizzano il coordinamento delle attività didattiche, la preparazione del materiale e tutto ciò che può consentire all’alunno disabile, sulla base dei suoi bisogni e delle sue necessità, di esercitare il suo diritto allo studio attraverso la partecipazione piena allo svolgimento della vita scolastica nella sua classe.
Tutto ciò richiede il lavoro congiunto su più direzioni.
Gli insegnanti all’interno della classe devono: assumere comportamenti non discriminatori, prestare attenzione ai bisogni di ciascun alunno accettando la diversità presente in ognuno di noi come valore ed arricchimento per l’intera classe, favorire la strutturazione del senso di appartenenza, costruire relazioni socio-affettive positive, adottare strategie e metodologie favorenti l’apprendimento (lavoro di gruppo e/o a coppie, apprendimento cooperativo, tutoring, apprendimento per scoperta, utilizzo di mediatori didattici, attrezzature e ausili informatici, software e sussidi specifici).
L’utilizzo della strumentazione informatica è utile anche per la predisposizione di documenti per lo studio di coloro che usufruiscono - in quanto necessitati - dell’utilizzo di ausili e computer per svolgere le proprie attività di apprendimento.
L’alunno infatti a prescindere dalle sue capacità, potenzialità e limiti va reso protagonista del suo personale processo di apprendimento realizzabile attivando le individuali strategie di approccio al “sapere” nel rispetto dei ritmi e degli stili di apprendimento, facendo eventualmente ricorso alla metodologia dell’apprendimento cooperativo.
La valutazione, intesa come valutazione dei processi e non solo delle performance, è espressa in decimi e va rapportata al P.E.I..
Gli insegnanti di sostegno svolgono una funzione di coordinamento della rete di attività previste per l’effettivo raggiungimento dell’integrazione; sono contitolari sulle classi in cui operano con diritto di voto e dispongono di registri in cui sono annotati i nomi degli alunni delle rispettive classi.
L’intera comunità scolastica deve essere coinvolta nel processo in questione: il docente di sostegno in una logica sistemica, oltre ad intervenire sulla base di una preparazione specifica nelle ore in classe, collabora con l’insegnante curriculare e con il Consiglio di classe in modo che l’iter formativo possa continuare anche in sua assenza.
Personale ata e assistenza di base
La nota del MIUR n. 339 del 30 novembre 2001 individua l’assistenza di base, di competenza della scuola, come il primo segmento della più articolata assistenza all’autonomia e alla comunicazione personale prevista dall’art. 13 della legge 104/92.
La responsabilità di tale assistenza, rientrante nelle funzioni aggiuntive del personale A.T.A., è del Dirigente scolastico il quale nell’ambito degli autonomi poteri di direzione, coordinamento e valorizzazione delle risorse umane, e strumentali, attraverso le procedure previste dalla legge e dalla contrattazione d’Istituto, predispone le condizioni affinché tutti gli alunni, durante la loro esperienza scolastica, dispongano di servizi qualitativamente idonei a soddisfare le proprie esigenze.
La collaborazione con le famiglie
Una serie di adempimenti, quali la formulazione e la verifica del Profilo Dinamico Funzionale (P.D.F.) e del P.E.I. previsti dalla legge 104/92, richiedono la partecipazione delle rispettive famiglie.
Una sempre più ampia partecipazione delle famiglie al sistema di istruzione caratterizza gli orientamenti normativi degli ultimi anni, dall’istituzione del Forum nazionale delle associazioni dei genitori della scuola, previsto dal D.P.R. 576/96 al rilievo posto dalla legge n. 53/2003 circa la collaborazione fra scuola e famiglia.
La famiglia in quanto fonte di informazioni preziose, nonché luogo in cui avviene la continuità fra educazione formale ed informale, costituisce un punto di riferimento essenziale per la corretta inclusione scolastica dell’alunno con disabilità.
È indispensabile che i rapporti fra istituzione scolastica e famiglia si realizzino in una logica di supporto alla stessa in relazione alle attività scolastiche e al processo di sviluppo dell’alunno con disabilità.
Il Dirigente scolastico infatti, nell’ambito di tali rapporti, dovrà convocare le riunioni in cui sono coinvolti i genitori, previo opportuno accordo nella definizione dell’orario.
La documentazione relativa all’alunno con disabilità, utile al generale processo di integrazione nonché di informazione della famiglia deve essere disponibile e consegnata alla stessa all’atto della richiesta.
Poiché va distinta sotto il profilo concettuale e metodologico, la programmazione individualizzata che caratterizza il percorso dell’alunno con disabilità nella scuola dell’obbligo e la programmazione differenziata che, nel secondo ciclo di istruzione può condurre l’alunno al conseguimento dell’attestato di frequenza, è importante l’attività informativa rivolta alla famiglia circa il percorso educativo che consente al proprio caro l’acquisizione dell’attestato di frequenza piuttosto che del diploma di scuola secondaria superiore.
Conclusioni
Come non avvalorare il concetto di contesto come risorsa, di dimensione inclusiva della scuola, di corresponsabilità educativa e formativa del Dirigente scolastico, dei docenti e di tutto il personale scolastico oltre che della necessaria e vitale esigenza di collaborazione con le famiglie.
Come docente operatore della scuola, rappresentante degli insegnanti di sostegno nel seno dell’Unità Territoriale di Coordinamento per il supporto all’integrazione scolastica degli alunni ciechi ed ipovedenti (U.T.C.) della regione Campania, nonché docente corsi di aggiornamento I.RI.FO.R. Campania (Istituto per la Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione) non posso nascondere l’esistenza di realtà molto diversificate per quanto concerne la minorazione visiva, che può essere anche congiunta ad altri handicap, la professionalità e/o responsabilità del mondo scuola nella sua interezza, la predisposizione delle famiglie di credere nell’Istituzione scuola dialogando con la stessa, nonché il ruolo delle Istituzioni varie e degli Enti locali che spesso dimenticano le loro responsabilità costituzionali in materia educativa e formativa.
Come sempre i principi così come le riforme al di là della loro positività si realizzano se non passano solo sopra la testa degli operatori i quali hanno il compito di viverli, comprenderli, sperimentarli professionalmente in via diretta ed immediata.
La Biblioteca Italiana per i Ciechi di Monza e tutte le Istituzioni che a vario titolo operano pro ciechi ed ipovedenti, operano fattivamente nell’opera di sensibilizzazione, aggiornamento e consulenza a vari livelli in modo da consentire ad ogni disabile visivo di essere posto nelle migliori condizioni di esplicarsi dando il meglio di sè.
I ciechi e gli ipovedenti infatti, qualora non portatori di altre disabilità aggiuntive, opportunamente educati e formati fin dalla nascita, con interventi professionali, sociali ed organizzativi qualificati raggiungono buone capacità di maturazione, buoni livelli di inserimento attivo nel mondo scolastico, sociale (culturale, sportivo, ricreativo, lavorativo, civico, etc), concorrendo in tal modo al progresso materiale e spirituale della società, dovere costituzionalmente previsto all’art. 4.
I ciechi per primi, consci delle loro potenzialità e del valore associativo, fin dal 1920, si sono riuniti in associazione fondando l’Unione Italiana Ciechi.
Qualche anno dopo nel 1923 la Riforma Gentile estende l’obbligo scolastico fino a 14 anni anche ai ciechi ed ai sordomuti in assenza di altre disabilità.
L’obbligo istruttivo si realizza nelle scuole speciali che, al di là delle carenze sociali, relazionali e pedagogiche, sono riuscite positivamente, in quanto dotate di strumenti e personale altamente qualificato ed idoneo, a fornire la cosiddetta “normalizzazione”: processo che consente ai non vedenti di esplicare interamente la propria autonomia sotto vari profili.
Il limite di tale forma di educazione, portò all’emanazione della legge 118/71, e della legge 360/1976; quest’ultima disposizione normativa, pur non abolendo le scuole speciali, consentì ai non vedenti, previa scelta delle loro famiglie, di essere inseriti nella scuola comune, inserimento che poi fu garantito a tutti i disabili con la legge 517/77.
Il percorso evolutivo storico dei ciechi ha galoppato nei secoli tanto da allontanare dai nostri pensieri l’immagine di un soggetto degno solo di assistenza, il cui unico compito poteva normalmente essere assolto come impagliatore di sedie nei casi migliori se non come mendicante.
Il successo di varie straordinarie persone non vedenti, prima fra tutti Louis Braille, ideatore del sistema Braille, è sotto gli occhi di tutti.
Alle Istituzioni il compito di non operare tagli indiscriminati.
A noi il dovere della coscienza delle nostre azioni a tutti i livelli per consentire a costoro di essere tra noi e con noi.
Bibliografia
Amorotti, B. (1996). La normativa vigente sull’integrazione degli handicappati nella scuola. Modena: Centro Programmazione Editoriale.
Bizzi, V. [et al.] (1990). L’integrazione scolastica e sociale dei bambini minorati della vista. Torino: Utet.