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Un popolo che vuole rispondere insieme alle sfide della città

Un popolo che vuole rispondere insieme alle sfide della città

Prima che dalle buone intenzioni e dai progetti futuri, occorre partire dal bene che già c’è, che ha permesso a Milano e alle terre ambrosiane di conoscere una storia di crescita e di rinascita.
A partire dal bene presente nelle persone: siamo infatti consapevoli che nella quotidiana lotta per la sopravvivenza di molti cittadini “si cela un senso profondo dell’esistenza che di solito implica anche un profondo senso religioso” e che Dio opera e abita nelle nostre case, nelle nostre strade, nelle nostre piazze, e “vive tra i cittadini promuovendo la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità, di giustizia” (EG 71-75).
Affrontando e accettando, noi per primi come occasione di verifica della fede, le sfide e le emergenze che colpiscono noi e i nostri fratelli uomini con cui viviamo fianco a fianco nella città (educazione, povertà, lavoro, migrazioni, etc…) e che suscitano domande e provocazioni che mettono in difficoltà vecchi schemi interpretativi e tentativi di risposta, abbiamo l’occasione di uscire dall’autoreferenzialità e riscoprire “l'intelligenza” della fede che diventa intelligenza della realtà (papa Benedetto XVI, Roma 21 maggio 2010).
“Ma la Chiesa sappia anche dare una risposta chiara davanti alle minacce che emergono all’interno del dibattito pubblico: è questa una delle forme del contributo specifico dei credenti alla costruzione della società comune. I credenti sono cittadini” (papa Francesco, Firenze 2015).
Tali sfide ed emergenze sono di fatto occasione di dialogo, non ridotto a dialettica, negoziazione o dibattito di opinioni, ma come innescarsi di processi, di un “fare insieme” con i nostri fratelli uomini.
“Ricordatevi inoltre che il modo migliore per dialogare non è quello di parlare e discutere, ma quello di fare qualcosa insieme, di costruire insieme, di fare progetti: non da soli, tra cattolici, ma insieme a tutti coloro che hanno buona volontà” (ivi).
Come credenti e come Chiesa ambrosiana siamo già al lavoro su questo sentiero con numerose istituzioni ecclesiali e programmi pastorali e collaboriamo, attraverso le organizzazioni sociali, educative, culturali ed economiche che vedono i cristiani protagonisti in numerose azioni e processi nella direzione indicata dal Pontefice. Gesti, iniziative, opere educative, di accoglienza, di carità, di aiuto al lavoro, etc… Rappresentano spesso luoghi di umanità rinnovata in cui la speranza si rende visibile concretamente attraverso gesti esemplificativi in grado di ridestare l’uomo alla sua natura relazionale che si realizza pienamente nella gratuità e nella carità. Il cattolicesimo ambrosiano ha una storia e un presente ricco di esempi in questo senso. Tali gesti e opere non di rado hanno dimostrato la capacità di entrare in rapporto con realtà apparentemente lontane e di innescare processi che facilitano una convivenza costruttiva e pacifica.
È necessario moltiplicare gli sforzi, a partire dalla valorizzazione di esempi positivi già esistenti, perché nel lavoro “libero, creativo, partecipativo e solidale” ciascuna persona possa “esprimere e accrescere la dignità della propria vita” (EG 192). E quindi intendiamo impegnarci innanzitutto perché il lavoro ci sia, ci sia per tutti e per tutte e sia “un contributo alla Creazione” e una onesta fonte di un “giusto salario”.
“Emerge con chiarezza il bisogno di dar vita a nuovi modelli imprenditoriali che, nel promuovere lo sviluppo di tecnologie avanzate, siano anche in grado di utilizzarle per creare un lavoro dignitoso per tutti” (papa Francesco, Messaggio al World Economic Fotum, Davos 2016).
Intendiamo perciò dare il nostro contributo come popolo di Dio perché tutti, cristiani e non, credenti e non si possa diventare un popolo, consapevoli che ciò “richiede un costante processo nel quale ogni nuova generazione si vede coinvolta”, “un lavoro lento e arduo che esige di volersi integrare e di imparare a farlo fino a sviluppare una cultura dell’incontro in una pluriforme armonia” (EG 220), convinti che
“il senso unitario e completo della vita umana che il Vangelo propone è il miglior rimedio ai mali della città, sebbene dobbiamo considerare che un programma e uno stile uniforme e rigido di evangelizzazione non sono adatti per questa realtà. Ma vivere fino in fondo ciò che è umano e introdursi nel cuore delle sfide come fermento di testimonianza, in qualsiasi cultura, in qualsiasi città, migliora il cristiano e feconda la città” (EG 75).

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